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Il cotone uzbeko contro i diritti umani

Anche se l’Uzbekistan si è impegnato in materia di protezione dei diritti umani, tra cui la libertà di espressione, di riunione, di associazione e di religione nonché nel rispettare il divieto di tortura, sembra che si sia limitato a farlo solo sulla carta. Le autorità uzbeke hanno imprigionato migliaia di persone tra cui attivisti, giornalisti, religiosi, artisti e altri critici del regime, proprio per limitare o eliminare l’opposizione politica. Coloro che sono stati arrestati non volevano far altro che esercitare pacificamente il loro diritto alla libertà di espressione. Alcuni di loro sono stati testimoni della strage di Andijan del 13 maggio 2005, quando le forze di governo uzbeco hanno sparato e ucciso centinaia di manifestanti. Altri prigionieri hanno gravi problemi di salute, ma sono stati comunque torturati e hanno avuto la loro pena arbitrariamente estesa. Il governo uzbeko continua a rifiutare un’inchiesta indipendente sul massacro di Andijan; nonostante oltre 200 individui sono ancora sotto processo per i fatti relativi ad esso e che tali processi si sono caratterizzati da gravi violazioni come il ricorso alla tortura per estorcere confessioni. Nel 2009 sono state revocate le sanzioni dell’UE, al fine di permettere alle autorità uzbeke di adottare misure più sostanziali per migliorare lo stato di diritto e la salvaguardia dei diritti umani. Ma ad oggi, sembra che poco sia cambiato. Ad esempio, ancora un milione di uzbechi, adulti e bambini, sono costretti dal governo a lavorare per la raccolta del cotone in condizioni inaccettabili, andando incontro a sanzioni in caso di rifiuto. Ci vuole un’immediata inversione di tendenza, nell’interesse soprattutto dello stesso Uzbekistan che altrimenti non riuscirà mai a risollevarsi dalla crisi che attraversa in tutti i settori. Che si cominci con la liberazione immediata e senza condizioni di tutte le persone imprigionate solo per la pacifica espressione delle loro opinioni politiche. Tutti coloro i cui processi sono stati viziati da violazioni di ogni tipo devono essere sottoposti ad un nuovo processo che rispetti gli standard internazionali. Che sia fatta luce sui reali responsabili della strage di Andijan, concedendo ad osservatori internazionali ed indipendenti di prender parte alle indagini investigative. Consentire quindi senza riserve il monitoraggio delle prigioni, garantire la libertà di espressione e dei media, procedere con l’attuazione pratica di politiche contro il lavoro minorile. Se non vi saranno progressi entro i prossimi sei mesi, allora l’UE dovrà nuovamente imporre misure punitive mirate.  ]]>

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