In Pakistan le vittime della legge sulla blasfemia sono tantissime, la giurisdizione punisce con l’ergastolo o con la pena di morte chiunque offende l’Islam. I cristiani, che in Pakistan rappresentano circa il 2% della popolazione, sono uno dei principali obiettivi di questa legge. La situazione è sempre peggiore, gli attentati rivendicati dai talebani o dai gruppi terroristi islamici contro le famiglie cristiane e contro l’esercito sono in aumento. Il governo locale non fa abbastanza per arginare questo fenomeno, anzi è complice delle violenze. Ai cristiani viene negata la possibilità di acquistare una casa, di ascoltare musica sacra, di condurre attività commerciali, di ricoprire incarichi pubblici. Alcune abitazioni e chiese cristiane sono state date alle fiamme a Gojra, Shantinagar, Lahore, Johnabad e Mardan. Molte donne e bambine cristiane vengono spesso rapite e forzate alla conversione all’Islam. La sola accusa di blasfemia, inoltre, giustifica le violenze più esagerate, come quella compiuta verso una coppia di cristiani, Shazad e Shama, di 24 e 26 anni, arsi vivi nella fornace di una fabbrica di argilla da una folla di musulmani, il 4 novembre del 2014, perché accusati di aver bruciato delle pagine del Corano. Nel suo discorso all’Assemblea costituente del Pakistan l’11 agosto 1947, Ali Jinnah, padre fondatore della nazione, ha sancito il principio dell’uguaglianza fra i cittadini. Jinnah sosteneva che i pakistani sono liberi. Lliberi di andare nei loro templi, liberi di andare nelle loro moschee e in ogni altro luogo di culto nello Stato del Pakistan. La legge sulla blasfemia rappresenta il più importante strumento di oppressione delle minoranze religiose e nega gli stessi valori sui quali è stato fondato il Pakistan. Ogni episodio di presunta blasfemia forma una catena di ingiustizie, in cui le violenze aumentano esponenzialmente ad ogni anello. Come il caso di Shazad e Shama ce ne sono purtroppo molti altri, molto meno noti, infatti, oggi nel Paese asiatico il principio della “tutela delle religioni” è subdolo e privo di ogni tutela. La legge sulla blasfemia e sulla libertà religiosa non prevede la volontarietà da parte dell’accusato, quindi, per essere condannati è sufficiente lasciar cadere una copia del Corano o calpestare inavvertitamente una pagina di giornale su cui sono trascritti dei versetti del libro sacro islamico. Come riportato da diverse NGOs, soltanto il 5% dei pakistani comprende a malapena la lingua araba e dunque in questo caso il 95% della popolazione potrebbe commettere blasfemia senza neanche accorgersene. Inoltre, la legge sulla blasfemia, pretesto per colpire minoranze religiose nel Paese e risolvere nel sangue piccoli conflitti locali, ha potere anche sulla libertà di espressione in riferimento a internet. L’Unione europea deve fare quanto in suo potere affinché il governo pakistano garantisca ai suoi cittadini il pieno rispetto dei diritti umani sanciti nella Convenzione internazionale dei diritti umani di cui è parte, anche attraverso la minaccia di sospensione del sistema di preferenze generalizzate. L’intervento di Ignazio Corrao in Parlamento Europeo il 27 Novembre 2014 https://youtu.be/oThd4NxDcMQ]]>