Fondatore del partito Serbian National Renewal, (in seguito ribattezzato Serbian Chetnik Movement), Vojislav Šešelj è stato successivamente nominato presidente del Partito radicale serbo (SRS) nel febbraio 1991. Infine viene eletto membro dell’Assemblea della Repubblica di Serbia nel giugno 1991.
Su di lui pendono tre capi d’accusa per crimini contro l’umanità (Persecuzioni per motivi politici, razziali o religiosi, deportazione e atti inumani), più altri sei capi d’accusa che comprendono l’omicidio, tortura e maltrattamenti, distruzione o danneggiamento intenzionale di istituzioni dedicate alla religione o l’istruzione, saccheggio di proprietà pubbliche o private.
Šešelj è sospettato di aver promosso una politica volta a “riunire tutte le terre serbe” in un unico Stato, identificato come “Grande Serbia”. L’idea era quella di includere l’attuale Serbia, Montenegro, Macedonia e considerevoli parti della Croazia e della Bosnia-Erzegovina.
L’accusa sostiene che lui abbia pianificato, ordinato, istigato, commesso o comunque aiutato ed incoraggiato nella pianificazione, preparazione o esecuzione dei crimini summenzionati.
L’accusa prevede la partecipazione e coinvolgimento diretto di Vojislav Šešelj in un’impresa criminale congiunta (Joint Criminal Enterprise) cominciata a partire dal 1991 circa, per proseguire almeno fino al dicembre 1995. Lo scopo di tale associazione a delinquere era la rimozione forzata e permanente della maggioranza dei croati, musulmani e di altre popolazioni non serbe dai territori della “Grande Serbia”. Tra i componenti e sostenitori di questa “impresa” vi era anche il famigerato Slobodan Miloševic (ex Presidente della Serbia), e altri alti funzionari politici e militari, di etnia serba. Šešelj, in particolare, vi ha preso parte fino al settembre 1993, anno in cui è entrato in conflitto con Miloševic.
Šešelj è sospettato di aver partecipato nel reclutamento, la formazione, il finanziamento, il supporto e la direzione dei volontari serbi connessi al Serbian Chetnik Movement. Inoltre è accusato di aver partecipato alla pianificazione e preparazione delle operazioni per l’occupazione di città e villaggi in Croazia e in un certo numero di comuni della Bosnia-Erzegovina, e la successiva rimozione forzata della maggior parte della popolazione non serba da quelle zone.
Infine, l’accusa afferma che, nei suoi discorsi reazionari, ha istigato forze serbe a commettere crimini, ha incoraggiato la creazione di una “Grande Serbia” con la violenza, e in tal modo ha partecipato alla propaganda di guerra e istigato l’incitamento all’odio verso le persone non serbe.
Il processo contro di lui è iniziato il 27 novembre 2006 ma solo il 6 novembre di quest’anno, la Camera di primo grado del Tribunale penale internazionale per l’ex-Yugoslavia ha ordinato, motu proprio, il rilascio provvisorio di Vojislav Šešelj per motivi sanitari a causa del deterioramento della sua salute. L’imputato è quindi stato trasferito in Serbia il 12 novembre. Senza pagare quindi per i gravi crimini commessi.
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