Il 22 maggio scorso il Tajikistan ha accolto un nuovo referendum costituzionale, durante il quale il 94,5% degli elettori si è espresso a favore dei 40 emendamenti che aboliscono i limiti di mandato della massima autorità politica del paese. L’affluenza registrata è stata molto alta: si è presentato alle urne il 92 per cento degli aventi diritto al voto, circa 4 milioni di persone. Grazie a questo referendum il dittatore Rahmon potrà continuare a guidare il Tajikistan senza alcun limite temporale. Inoltre, tra le misure controverse approvate dal voto popolare, è da rimarcare quella che abbassa l’età minima dei candidati alla presidenza da 35 a 30 anni, spianando la strada al figlio 29enne, Rustam Èmomalī, per le prossime elezioni presidenziali. Nel 2011 Rustam Èmomalī ha assunto nel paese un incarico militare di fondamentale importanza, è stato nominato a capo del dipartimento dell’agenzia statale delle dogane per la lotta al contrabbando e alle violazioni doganali. L’incarico prevede enormi responsabilità visto che attraverso il Tajikistan passa una delle direttrici del traffico di eroina e oppiacei in partenza dal confinante Afghanistan. Rustam Èmomalī, per gli incarichi già assunti negli anni precedenti e per la possibilità che ha ora di concorrere alle corsa per le elezioni presidenziali, sembra essere a tutti gli effetti l’erede designato del presente Rahmon. Nessuno può dubitare della atroce condizione in cui versano i diritti umani nel paese, da quando Rahmon è al potere sono state registrate, dal punto di vista dei diritti umani, gravi violazioni, soprattutto la tortura, e un’impunità pressoché completa. Ogni anno vengono eseguite condanne a morte segrete dopo processi giudiziari iniqui, molti dei condannati a morte sostengono di essere stati torturati, mentre i loro familiari non vengono informati sul loro destino ne’ sanno se sono vivi o morti. Rahamon sta usando la cosiddetta ‘guerra al terrorismo’ come pretesto per sistemare le vecchie rivalità con gli oppositori del Governo. I prigioni in Tajikistan non si vedono riconosciuto il diritto ad avere un processo giudiziario equo, agli imputati è vietato il diritto ad avere un avvocato e in molti casi dei processi iniqui vengono tenuti in segreto. Il presidente Rahamon ha perseguitato con ogni mezzo gli oppositori politici con il pretesto di combattere il terrorismo. È evidente però che il terrorismo vada combattuto con tutte le forze, ma questo deve essere contrastato sempre nel rispetto delle regole democratiche e mai andando a costituire un pretesto per eliminare gli oppositori politici. Questo genere di “lotta al terrorismo” ha peraltro come unico effetto quello di incentivarlo, una prova di questo è proprio il fatto che oggi il Tajikistan è uno dei principali “esportatori” di foreign fighters. Ricordiamo che il Parlamento Europeo continua ad affermare che i diritti umani e le libertà fondamentali sono le linee guida delle sue politiche, ma i fatti dicono tutt’altro. A settembre 2009 il PE ha stretto un Accordo di partenariato e di cooperazione con il Tajikistan, ritenendo il paese un attore importante per la lotta alla povertà e all’instabilità. L’Unione si è elevata al ruolo di guida e salvatrice, affermando che avrebbe aiutato il paese nell’implementazione della buona governance e dello Stato di diritto. Ebbene, dal 2009 la situazione in Tajikistan è precipitata. Le “ottime” azioni che l’Unione Europea ha promosso nella nazione hanno portato a tassi di corruzione altissimi, all’aumento della povertà, all’incremento della disuguaglianza, i conflitti etnici e religiosi non si sono affatto placati, le torture, le detenzioni arbitrarie e le uccisioni sono all’ordine del giorno. Le riforme entrate in vigore negli ultimi anni in Tajikistan, tra cui la legge sul reato di tortura, non hanno modificato lo scenario. Tra il 2010 e il 2012 sono stati segnalati 96 casi di tortura ma solo in tre circostanze sono state avviate inchieste basate sulla nuova normativa. La maggior parte dei pubblici ufficiali sospettati di torture ai danni di detenuti sono stati indagati per abuso di potere e quasi sempre rilasciati sulla base della legge d’amnistia del 2011. Negli ultimi cinque mesi, almeno quattro detenuti che avevano manifestato l’intenzione di denunciare le torture subite sono stati minacciati e sottoposti a maltrattamenti per poi dover ritirare le accuse. Abbiamo il dovere di denunciare il fatto che l’Europa si fa continuamente promotrice di valori da perseguire e allo stesso tempo chiude gli occhi davanti alle più atroci violazioni dei diritti umani nei paesi terzi. Vi starete chiedendo qual è il motivo. La risposta è di facile intuizione, troppo spesso la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali occupa un posto marginale davanti all’importanza che assumono i patti commerciali e politici, anche se questi prevedono, in molti casi, di mantenere strette relazioni con dittatori che, come Rahmon in Tajikistan, non hanno ovviamente alcuna intenzione di arrestare il vortice di violenza che avvolge il paese. ]]>