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Riforma forense: Svilita dignità professionale

RIforma forense

Ignazio Corrao: “In Italia svilita la dignità professionale, i sogni e le aspirazioni  dei giovani giuristi”

Dopo la prima interrogazione sulla Cassa Nazionale di Previdenza per gli avvocati, l’eurodeputato M5S rilancia, incalzando la Commissione Europea sulla necessità di rivedere il regolamento ministeriale concernente la continuità professionale

Sono ancora in attesa che la Commissione Europea risponda alla prima interrogazione presentata lo scorso marzo in cui ho denunciato le palesi violazioni dei principi comunitari che derivano dall’articolo 21 commi 8-9 della Legge 247/2012, norma che ha imposto l’iscrizione obbligatoria a tutti gli avvocati alla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense e l’obbligo di corrispondere i contributi previdenziali a prescindere dal reddito prodotto; nel frattempo ho presentato una nuova interrogazione in cui ho sollevato le mie perplessità e critiche concernenti il regolamento sulla continuità professionale approvato dal Ministero della Giustizia in data 05/02/2015, in attuazione dell’art. 21 comma 1 della legge forense.

La legge forense subordina la permanenza dell’iscrizione all’Albo degli Avvocati all’esercizio della professione in modo “effettivo, continuativo, abituale e prevalente”. Il regolamento, in attesa di approvazione definitiva, disciplina le modalità di accertamento dei suddetti requisiti e le eccezioni consentite.

E invero, ai sensi dell’art 2 c. 2 del nuovo regolamento, per rimanere iscritto all’Albo, l’avvocato deve dimostrare la congiunta sussistenza di 8 requisiti tra cui quello di aver corrisposto i contributi annuali dovuti alla Cassa di Previdenza Forense e i contributi dovuti al Consiglio dell’Ordine, di avere l’uso di locali destinati allo svolgimento professionale e di aver acquistato una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile: condizioni di natura esclusivamente economica, in palese violazione non solo del principio di uguaglianza previsto dalla nostra Costituzione, ma anche del divieto di discriminazione fondata sul patrimonio statuito dall’art. 21 della Carte dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

Secondo questa normativa, l’operato dell’avvocato, ogni tre anni, sarà sottoposto al controllo del Consiglio dell’Ordine Circondariale, che dovrà valuterà la sussistenza di tutti gli otto requisiti.  Se uno di questi non viene rispettato, l’avvocato verrà cancellato dall’Albo: sanzione tremendamente abnorme.

Ma poi mi chiedo: il controllo a cui sarà sottoposto il professionista, oltre ad essere mortificante, è previsto anche per altre figure professionali o è un unicum, per niente invidiabile, riservato ai soli avvocati?

Ma guardiamo più attentamente le 8 condizioni scelte dal Ministro della Giustizia, che per la cronaca non è neanche laureato in giurisprudenza. Quasi tutti i requisiti presuppongono un esborso monetario da parte dell’avvocato. Senza considerare i contributi dovuti alla Cassa di Previdenza Forense e quelle al Consiglio dell’Ordine (che più esborso monetario di così non si può…), si nota subito che la disponibilità di locali presuppone contratti di locazione o proprietà; la p.e.c è a pagamento; gli aggiornamenti professionali sono quasi tutti a pagamento; la polizza assicurativa è un’ulteriore spesa.

Non si fa che confermare la linea già emersa con l’introduzione dell’obbligo d’iscrizione obbligatoria alla Cassa Forense per tutti gli avvocati: creare una categoria, o meglio, una casta professionale a cui hanno accesso solo le persone privilegiate da un punto di vista economico, con totale mortificazione dell’intelletto e delle capacità professionali. La meritocrazia, ancora una volta, non viene presa in considerazione. L’avvocato per poter stare sul mercato intanto deve pagare, e anche molto. Solo dopo aver dimostrato una certa capacità patrimoniale, potrà avere la possibilità di affermarsi come professionista.

La dignità della professione d’avvocato viene svilita da questo regolamento. E vengono sviliti – e questo è l’aspetto ancora più grave – anche i sogni e le aspirazioni  dei giovani giuristi che studiano per molti anni, talvolta facendo anche notevoli sacrifici, per poter applicare, osservare e servire la legge…per poi trovare la propria strada piena di ostacoli di natura puramente economica.

Ma perché’ si vuole colpire così tanto la figura professionale dell’avvocato?

A mio parere l’avvocato, nel senso nobile del termine, rappresenta un libero pensatore, pienamente capace di sfidare le istituzioni di potere.  Penso ai fatti di Genova del G8. E’ stato grazie alla tenacia degli avvocati che hanno insistito a portare il caso di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che si e’ ottenuta la censura al nostro paese per non avere una legge sul reato di tortura. Penso ancora al Muos in Sicilia. E’ stato grazie al lavoro di avvocati che hanno degnamente rappresentato le istanze del movimento No Muos, che si e’ arrivati alla pronuncia del TAR Sicilia che ha posto sotto sequestro l’ecomostro….

Insomma, l’avvocato è una cellula libera in un sistema istituzionale e forse per questo fa paura.

La situazione di declino in cui versa oggi l’avvocatura italiana è il frutto marcio di una politica forense perversa ed antidemocratica. Basti pensare alla bassissima percentuale di iscritti all’albo a cui è stato consentito di partecipare alle elezioni degli attuali vertici del CNF e di Cassa Forense.

Ci tengo a precisare che il primo regolamento che ho denunciato sulla Cassa Forense è stato approvato dal Comitato dei Delegati; ma alle ultime elezioni è stato impedito di votare proprio ai 56 mila avvocati che non erano ancora iscritti alla Cassa e a cui adesso è stata imposta l’iscrizione. Ma vi è di più, l’attuale regolamento elettorale prevede uno sbarramento anagrafico di 5 anni d’iscrizione per potersi candidare, impedendo ai più giovani di governare il proprio futuro.

E non mi si venga a dire che il regolamento in realtà tuteli i giovani avvocati in virtù dell’eccezione in base alla quale la verifica degli 8 criteri non viene svolta per i primi 5 anni dalla prima iscrizione all’albo! In quei primi anni, il giovane avvocato è comunque tenuto al pagamento della Cassa Forense, pena la cancellazione dell’albo.  E stiamo parlando di cifre annuali intorno ai mille euro, a prescindere dal proprio reddito, senza contare l’iscrizione all’Albo, gli aggiornamenti e tutte le altre spese che devono essere sostenute da chi si affaccia per la prima volta sul mondo del lavoro.

Qui a Bruxelles sto cercando di coinvolgere anche altri Europarlamentari italiani, soprattutto gli avvocati, che al momento sulla questione latitano, nonostante gli abbia chiesto di presentare insieme l’interrogazione. L’hanno sottoscritta solo due miei colleghi, Laura Ferrara e Fabio Massimo Castaldo, anch’essi giuristi.  Io sto cercando di fare quanto possibile.

Sottolineo l’importanza del dialogo che ho da tempo instaurato con molte associazioni professionali di categoria che mi hanno offerto tanti spunti e suggerimenti.

Da giurista sento la responsabilità di difendere l’onorabilità, la dignità e la funzione sociale di questa professione, avendo sempre un occhio di riguardo verso i più giovani che devono essere trattati come una risorsa e non come dei competitors di cui sbarazzarsi.

 

A riveder le stelle…

 

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