PENSIERO LIBERO – Germania come la Grecia

Di Marco Benanti –  Germania come la Grecia. Quei default condonati…

Come sempre è la storia la testimonianza vera ed inconfutabile di quello che è successo e nessuno può opinare certi fatti, certi accadimenti. Potrebbero farlo i potenti della terra e dell’economia ma si sà, di sepolcri imbiancati non ne mancano nella vita quotidiana, figuriamoci tra chi detiene il potere, il potere economico, quello di strozzare gli stati e le economie di milioni di cittadini speculando sul debito. C’è l’economia reale, quella del panettiere sotto casa che con i soldi in contanti fa andare avanti la baracca e ci sono le macroeconomie finanziarie che fanno business sul denaro virtuale, comprando debiti ad esempio. Roba da tecnici forse, ma questo è. In questi giorni, Il Sole 24 Ore sta rilanciando un episodio che vede protagonista la potente Germania che forte di una economia di ferro, detta legge qua e la su come impostare le riforme. Il pezzo è del giornalista Enrico Marro. Berlino come Atene: quando fu la Germania ad andare in default (per ben due volte). Il titolo è chiaro, riporta alla memoria un episodio, anzi due, in cui la superpotenza teutonica poté godere di un paio di agevolazioni, senza le quali oggi forse la loro storia e quindi anche la nostra, sarebbero un tantino diverse… Il pezzo odierno riprende quello dell’ottobre 2014 a firma di Riccardo Barlaam sempre sul Sole 24 Ore dal titolo «La Merkel ha dimenticato quando l’Europa dimezzò i debiti di guerra alla Germania».

Il più grande debito cancellato nel Novecento? E’ stato quello tedesco, dopo la sconfitta delle due guerre mondiali. Senza l’ultimo default, quello del 1953, Berlino oggi non sarebbe certo la locomotiva d’Europa. Senza contare che nel 1990, al momento della riunificazione…

La cifra per le “riparazioni di guerra” viene stabilita in 132 miliardi di marchi. A Versailles le potenze vincitrici della Grande Guerra impongono alla Germania sconfitta un debito spaventoso, pari al 280% del Pil tedesco del 1913. Una decisione fieramente criticata da John Maynard Keynes, e che lo stesso maresciallo Ferdinand Foch, condottiero delle truppe francesi, definisce con grande lungimiranza «non una pace, ma un armistizio per vent’anni». La situazione tedesca – come nota Xavier Lépine, ceo di La Française AM – negli anni Venti è simile a quella della Grecia di adesso, anzi peggiore. Tanto che, come per Atene nel 2012, il 60% dell’insostenibile debito sulle spalle della Repubblica di Weimar viene rapidamente cancellato e i pagamenti annuali ridotti a due miliardi di marchi (poco più del 4% del Pil). Ma la Germania resta comunque in ginocchio per l’iperinflazione (il marco valeva meno della carta su cui era stampato), così nel 1923 viene dichiarata una moratoria. Per “dare una mano” a Berlino i vincitori varano il Piano Dawes, che secondo Lépine ricorda le soluzioni tampone europee per la Grecia. Il piano tra l’altro autorizza la Germania a pagare una piccola parte del debito emettendo un nuovo debito con una scadenza di 25 anni e un tasso di interesse del 7%. Ma la crisi di Wall Street del 1929 darà comunque il colpo di grazie ai tedeschi. Travolta dal crollo di Wall Street e dalla crisi finanziaria mondiale, la fragile Germania di Weimar si ritrova nel 1932 con un Pil precipitato del 24% rispetto al 1928, una produzione industriale dimezzata e una disoccupazione esplosa a +470%. E’ in questo drammatico scenario che alla Conferenza di Losanna, conclusasi il 9 luglio del 1932, le potenze europee vincitrici della Grande Guerra (Francia, Gran Bretagna e Italia) di fatto decidono l’annullamento quasi totale del debito di guerra tedesco. Per Berlino è il default. Ma l’aiuto dei creditori arriva troppo tardi: tre settimane dopo la cancellazione delle “riparazioni”, il partito nazista trionfa comunque alle elezioni del 31 luglio 1932 superando il 37% dei voti. E quando Hitler arriva al potere, nel gennaio successivo, le parole “debito di guerra” vengono prontamente cancellate dal vocabolario. I marchi risparmiati vengono utilizzati per far ripartire l’industria costruendo i panzer che conquisteranno l’Europa qualche anno dopo. Conosciamo l’epilogo della storia, con la Germania ridotta a un cumulo di macerie fumanti dopo la seconda, catastrofica sconfitta. Dalla quale arriverà il secondo, colossale default, quello del 1953.  La Germania nazista è stata sconfitta da otto anni e non costituisce più un problema per l’Occidente. Anzi, la Repubblica Federale tedesca rappresenta di fatto la prima linea della nuova guerra (“fredda”) che gli Alleati combattono contro il blocco sovietico. Gli Stati Uniti e altri 20 Paesi (tra cui la Grecia e l’Italia) decidono allora di chiudere un occhio con Bonn, procedendo a «rinunce volontarie» di parte dei propri crediti. E’ quello il momento in cui vengono gettate le basi del miracolo economico tedesco, lo “wirtschaftswunder”. Con l’accordo ratificato a Londra il 27 febbraio 1953 l’importo da rimborsare da parte della Germania Ovest viene ridotto del 50% a circa 15 miliardi di marchi e dilazionato in più di 30 anni. A firmare, oltre agli Stati Uniti, sono Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Francia, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito, Spagna, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia. Ma questa non è l’ultima ristrutturazione del debito tedesco. Ce n’è un’altra. Molto più recente. Con l’accordo ratificato a Londra il 27 febbraio 1953 fu stabilito che i debiti tedeschi sarebbero stati congelati fino alla riunificazione della Germania, eventualità che all’epoca veniva giudicata improbabile e remota. E quando nel 1990 avviene l’impensabile, ossia proprio la riunificazione, i debiti vengono quasi del tutto cancellati, per permettere ai tedeschi di gestire un difficile e costoso processo di unione con l’ex DDR. Berlino insomma paga solo le briciole di quello che era il suo colossale debito, maturato con la doppia sconfitta di guerra: appena 239,4 milioni di marchi tedeschi, dilazionati in vent’anni. La telenovela delle “ristrutturazioni” sul debito bellico tedesco, con i suoi default, termina definitivamente il 3 ottobre 2010 con il versamento dell’ultima rata, pari a meno di 70 milioni di euro. Ma nessuno se ne accorge. Perché pochi mesi prima ha fatto irruzione nello scenario europeo una nuova grande crisi: quella greca. Appunto.

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