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Racconto di una missione in Sierra Leone ai tempi dell’ebola

Voglio condividere, a grandi linee, questa esperienza straordinaria ed unica (siamo l’unica delegazione parlamentare ad essersi recata lì durante l’emergenza Ebola) con voi, cercando di ripercorrere le tappe ed alcuni immagini di una missione di una intensità particolare. Lo farò cercando di accennare allo strumento della cooperazione internazionale allo sviluppo (su cui lavoro intensamente essendo il coordinatore del gruppo), che viene utilizzato male e che invece potrebbe davvero aiutare a risolvere tanti problemi che percepiamo anche nella nostra vita quotidiana, come i grandi flussi migratori…

Surroundings of Freetown
Bene, detto questo sono appena tornato dalla temibile Sierra Leone, apparentemente sano e salvo (dovrò continuare la profilassi e stare sotto osservazione per un pò), con il cuore che sorride e lo spirito che si è arricchito da una energia positiva rigenerata.
Perchè con tutti i suoi interminabili problemi, l’Africa, quella più remota come la Sierra Leone, rimane per me sempre uno straordinario serbatoio di speranza ed energia (non nel senso in cui la intende l’ENI però).
Parto da una premessa e da un rigraziamento, al segretariato della commissione Deve e all’ambasciatore UE, l’olandese Peter Versteeg, che hanno fatto un lavoro straordinario per organizzare tutto in condizioni così difficili e sfruttare ogni singolo momento (dalle colazioni alle cene) di questa missione.

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La nostra delegazione era composta da 4 membri della commissione di diversi paesi (Italia, germania, Spagna e Polonia) e di diversi gruppi politici.
Siamo arrivati in Sierra Leone in aereo con il Presidente in persona, che passando per la classe economy salutava e faceva fotografie con i suoi cittadini. Forse per la stabilità dopo la guerra civile forse per la leggera crescita degli ultimi anni (prima del disastro ebola), sembrano volergli molto bene. In quel momento non sapevamo che ci avrebbe invitato ad un ricevimento nel suo palazzo il giorno dopo.
Il rudimentale aeroporto internazionale di Lungi dista circa 4 ore in auto da Freetown (sembra che i cinesi ne stiano per costruire uno nuovo), quindi è più conveniente prendere una sorta di motoscafo anni ’70 che, dopo circa mezzoretta di onde, ci porta ad un molto molto artigianale della capitale.
Da qui inizia il nostro giro di incontri istituzionali per discutere dei circa 190 milioni di fondi UE destinati all’emergenza Ebola e soprattutto delle priorità di investimento, per il periodo 2015-2020, dei circa 380 milioni destinati alla cooperazione internazionale allo sviluppo in Sierra Leone.

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Che questa missione sia particolare ed unica lo capiamo subito perchè praticamente incontriamo, oltre al Presidente, quasi l’intera squadra di Governo, ossia il Ministro delle finanze, degli esteri e della cooperazione, dell’educazione, della sanità, dell’agricoltura, dell’energia ed i responsabili dell’emergenza Ebola.
La prima parte “istituzionale” termina in Parlamento, dove i nostri “colleghi” parlamentari ci hanno riservato una grande occaglienza ed un intenso momento di scambio di opinioni e punti di vista. Tra i tanti spunti legati all’inesistente sistema sanitario ed educativo, il leit motive per loro resta la ricerca di investimenti, soprsattutto di capitali privati.
Dopo un “working lunch” con Medici senza frontiere, ci spostiamo a goderich, nei sobborghi di Freetown, a visitare una struttura ospedaliera all’avanguardia, che elargisce servizi ai cittadini GRATIS, costruita e gestita dal 2001 dall’italinissima EMERGENCY di Gino Strada, dove conosco dei ragazzi preparatissimi che dedicano la loro vita a salvare vite umane quaggiù nella dimenticata Sierra Leone. La struttura e la professionalità impressionano tutta la delegazione, l’ospedale di emergency è di fatto un lusso che neanche il governo puù permettersi e che il sistema sanitario nazionale, ipercorrotto e scadente da tutti i punti di vista, può semplicemente sognarsi. Ci sarebbe da scrivere poemi su come funzionano i progetti di emergency (siamo poi stati a visistare un’altra struttura che aprirà a breve a Lokomasama) ma mi limito a dire che fanno un lavoro eccezionale da tutti i punti di vista e con costi molto contenuti (3 milioni all’anno per un ospedale all’avanguardia che in Sicilia ne costerebbe almeno 30)…

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La tappa successiva è un incontro con Save The Children e the young ambassadors dove prendiamo coscienza numerica dei dati sull’infanzia in Sierra Leone, con indicatori tra i peggiori al mondo…
Infine la sera ci trasferiamo in un incontro presso l’ambasciata in cui sono presenti numerosissimi attori pubblici sia sul piano internazionale che quello interno…
La mattina la sveglia suona all’alaba e si parte verso l’interno, verso la Sierra Leone più remota e più colpita dal Virus ebola. Dopo circa 200 kilometri di paesaggi incantevoli nonostante la povertà e la devastazione causate dalla guerra civile (quella del film blood diamonds per intenderci) e dal sistematico sfruttamento esterno delle risorse del paese, raggiungiamo la città di Makeni dove veniamo ricevuti in Comune dal Sindaco che ci spiega la situazione della città e del distretto…
Subito dopo ci focalizziamo sul sistema educativo (sulla base dei fondi dedicati allo sviluppo di un sistema scolastico) trasferendoci nella scuola locale, una struttura con centinaia di bambini di tutte le età ammassati in piccole classi.

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La gioia dei bambini, ma anche degli insegnanti, nel vederci arrivare è commuovente, i loro sorrisi sono veri, genuini, sinceri.
Il resto della giornata lo trascorriamo in una ininterrotta serie di visite, spralluoghi, incontri, confronti con le ONG che si sono impegnate sul territorio, ma anche con i sopravvissuti al virus Ebola, che hanno dovuto soffrire le pene dell’inferno prima, ma anche la stigmatizzazione e l’esclusione sociale dopo…
Infine per cena, nel decadente hotel dove alloggiavamo, il Sindaco ed il Paramount Chief (una sorta di capo tribù locale che ha forse più autorità del Sindaco stesso) ci portano dei doni locali e ci ringraziano per essere venuti a Makeni.
Il giorno successivo ci spostiamo a a sud.ovest verso il grande centro di trattamento dell’ebola gestito da un gruppo di operatori internazionali e finanziato, oltre che dall’UE, dala cooperazione degli Stati Uniti e quella britannica. Qui capiamo cosa succede ad un sospetto caso di Ebola e che iter deve seguire…Dopo ci spostiamo in un ospedale fondato dal fate bene fratelli dove conosco altri operatori italiani che fanno un lavoro straordinario.

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L’ultima tappa prima di avviarci verso l’aeroporto di Lungi (questa volta via terra, dato che arriviamo dall’altra parte del paese) è nell’ospedale di Lokomasama, una struttura costruita grazie a delle donazioni provenienti dalla Sardegna e ad al fantastico impegno di Padre Ignazio, in cui dal 15 novembre si avvierà, grazie ad emergency, un progetto pilota di stabilizzazione di pazienti con gravi traumi, in attesa di poterli spostare nella struttura centrale di Goderich.
Arriviamo quindi in aeroporto di Lungi per la partenza, una veloce tappa a Monrovia, in Liberia, e via verso Bruxelles, dove con una maggiore consapevolezza di cosa succede “sul campo” potremo lavorare meglio nella programmazione della cooperazione del futuro a stretto contatto con la Commissione Europea.

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