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Schengen in bilico, quale futuro per l’Unione Europea?

Se Schengen traballa, l’Europa rischia lo scivolone all’indietro. L’ultima riunione dei ministri degli Interni dei Ventotto nella città olandese, ha confermato il preoccupante grado di divisione, indecisione, impotenza in cui si trova oggi l’Europa.

Non solo l’Europa delle istituzioni comuni, della vituperata “burocrazia di Bruxelles”, bensì quella del mercato unico, della tutela dei diritti fondamentali, dell’Erasmus e, ovviamente, della libera circolazione di persone, beni, servizi e capitali, caposaldo di un continente liberatosi dalla Cortina di ferro e dalle ataviche paure del dopoguerra.

L’Accordo di Schengen, il cui nucleo originario risale al 1985, è figlio di un’altra Europa, che intravvedeva la fine della Guerra fredda al suo interno e l’arrivo della globalizzazione, per tutelarsi dalla quale occorreva serrare i ranghi e fare squadra.

Oggi l’Europa, che deve rispondere alla crisi dei rifugiati, alle bombe di Parigi ed alle milizie dell’Isis che infestano il Medio Oriente, immagina una sola risposta: su nuovi muri.

Il rischio di un a naufragio del processo di Unificazione Europea è concreto.

In base al codice frontiere Schengen, i controlli alle frontiere potrebbero essere reinseriti per un periodo di 10 giorni per motivi di “ordine pubblico e sicurezza nazionale”. Questi controlli potrebbero essere mantenuti e rinnovati per un totale di due mesi. Nel caso ci fosse un’evidente minaccia per la sicurezza interna, i controlli potrebbero essere mantenuti per un periodo di 30 giorni sino ad un massimo di 6 mesi. In “circostanze eccezionali” potrebbero essere prolungati per due anni. Una richiesta in tal senso è pervenuta alla presidenza di turno olandese del Consiglio dei ministri Ue da Austria, Germania, Svezia, Danimarca, Francia e Norvegia (che non fa parte dell’Unione ma aderisce a Schengen).

E l’Italia in tutto questo? Pur essendo uno dei Paesi fondatori dell’U.E., non ha avuto alcuna voce in capitolo al tavolo di discussione relativo alla creazione di una mini-Shengen.

Per confermare l’incapacità del governo italiano e di Renzi anche sul fronte europeo, la notizia dei primi giorni dell’anno, delle dimissioni, se vogliamo obbligate, di Carlo Zadra, l’unico funzionario italiano nel gabinetto di Juncker.

“Non prendiamo ordini, guidiamo l’Europa” ha ammesso Renzi qualche giorno fa, “Il nostro mestiere è guidare l’Europa, non andare in qualche palazzo di Bruxelles a prendere ordini“.

Beh non sembra proprio così visto che l’asse del Nord, l’Europa che conta e che ruota attorno alla Germania e i suoi alleati, sta preparando con la riforma cosiddetta mini Schengen l’esclusione di Italia e Grecia da uno pilastri fondamentali dell’Unione: la libera circolazione delle persone.

Cosa fanno i grandi Paesi europei?

Prima causano i problemi sostenendo fazioni in guerra, vendendo armi, sfruttando le risorse economiche dei Paesi poveri, poi si mettono al sicuro e lasciano i problemi a noi, addossandocene pure la colpa.

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