Il Kazakistan è un regime autoritario consolidato. L’impunità per la tortura e altri maltrattamenti rimane in gran parte prevalente, mentre le libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica continuano ad essere limitate. Il governo cura attentamente la sua immagine al fine di lustrare la sua fama all’estero, dove si presenta come un “giovane” e aperto paese in marcia verso una graduale democratizzazione. Essa sfrutta la sua relativa prosperità, rispetto ai suoi vicini e promuove un’immagine di tolleranza e armonia interetnica. Dietro questa patina apparente, tuttavia, si nasconde una intensa repressione politica. Le libertà politiche continuano a essere fortemente ridotte. Non ci sono forze di opposizione vitali in grado di operare, i pochi media indipendenti rimasti affrontano varie intimidazioni rischiando la sospensione e la chiusura. Nursultan Nazarbayev ha consolidato tutto il potere nelle proprie mani, e questo potere ha in parte ostacolato la creazione di un’opposizione forte. Egli ha formato un sistema fortemente centralizzato incentrato sul potere della sua presidenza. È riuscito a costruire uno Stato così autoritario che nessuno può opporsi facilmente ad esso. Nazarbayev gode di popolarità tra la popolazione kazaka, grazie alla pesante influenza della massiccia propaganda di Stato, che lo ha fatto apparire come colui che ha permesso un aumento dei livelli di vita, la stabilità politica, e la relativa armonia etnica. Maina Kiai, relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla libertà di riunione e di associazione, ha concluso, dopo una visita in Kazakistan nel 2015 che il governo limita fortemente le libertà civili garantite dalla Costituzione, compresi i diritti alla libertà di riunione, di coscienza e di espressione. In effetti, i media indipendenti affrontano molteplici ostacoli nell’esercizio del loro diritto costituzionale alla libertà di espressione. I giornalisti continuano a subire vessazioni e intimidazioni. La graduale caduta degli standard di vita potrebbe gradualmente corrodere il supporto per il regime di Nazarbayev. Manifestazioni pubbliche potrebbero minacciare lo status quo, tuttavia, sono altamente improbabili, in primo luogo perché molti cittadini daranno la colpa alla crisi economica internazionale, piuttosto che alle politiche interne (un messaggio costantemente rafforzato dalla propaganda di Stato); e in secondo luogo perché l’atteggiamento repressivo verso le libertà di espressione e associazione ha instillato la paura di protestare in molte persone che preferiscono tacere piuttosto che finire arrestate, multate, imprigionate o peggio.]]>