La costituzione cambogiana prevede la separazione del potere e l’indipendenza della magistratura, ma il dominio politico e l’influenza del partito cambogiano popolare (PCC) al governo rappresenta un grave ostacolo per la democratizzazione e la tutela e la promozione dei diritti umani. Il primo ministro Hun Sen è al potere dal 1985 e ha governato il paese come un dittatore fin dall’inizio. Violazioni dei diritti umani in Cambogia comprendono l’uso eccessivo della forza contro i manifestanti e arresti indiscriminati; minacce, intimidazioni, e azioni giudiziarie rivolte nei confronti di difensori dei diritti umani, giornalisti, sindacalisti, gruppi di opposizione, e politici; discorso razzisti diretti a persone di origine vietnamita; tratta di persone; corruzione; e le violazioni e requisizioni e confische di terreni e abitazioni. In effetti, i gruppi locali per i diritti umani continuano a ricevere denunce di nuove dispute sulla terra ai danni di migliaia di famiglie da parte di militari e personaggi politici che sfruttano la loro posizione di potere per fare i propri interessi. Continuano le restrizioni arbitrarie sui diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica. Una legge è entrata in vigore minacciando gravemente il diritto alla libertà di associazione. L’impunità nei confronti di agenti di polizia prevale, nonostante le palesi violazioni dei diritti umani nel corso delle manifestazioni pubbliche di protesta nel 2013 e nel 2014, anche quando si sono constatati alcuni decessi derivanti dall’uso non necessario ed eccessivo della forza. Attivisti politici e difensori dei diritti umani sono stati incarcerati e internet è stato posto sotto maggior controllo per ostacolare la propaganda politica d’opposizione e limitare il dissenso. L’espressione di un sentimento anti-vietnamita è rimasta diffusa, con alcuni leader politici che hanno continuato a usare il termine “yuon”, ampiamente considerato dispregiativo. La Cambogia ha aderito e firmato la Convenzione sui rifugiati delle Nazioni Unite, ma le autorità si sono rifiutate in diverse occasioni di registrare richiedenti asilo vietnamiti e molti di loro, migliaia a detta della Direzione Generale per l’Immigrazione sono stati deportati nuovamente in Vietnam o semplicemente respinti in flagrante violazione della suddetta Convenzione e in flagrante violazione del sacrosanto principio di “non refoulement”. Davanti a tutto questo la comunità internazionale è rimasta pressoché muta e attonita e poco si è fatto per esortare il governo cambogiano a cambiare atteggiamento. La stessa Unione Europea deve fare di più. Ripetutamente ci siamo ritrovati ad affrontare la questione cambogiana in Parlamento, ma sembra che le acque non si siano smosse più di tanto. Eppure siamo in prima linea nell’aiuto allo sviluppo e soprattutto siamo i principali partner commerciali e non con la Cambogia.]]>