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I BANANEROS SCHIAVI DEL LIBERO MERCATO

are con vigore trattati di libero scambio, come il famigerato UE-Marocco, in quanto strumento diabolico utilizzato dalle multinazionali per sfruttare quei paesi convenienti ai loro affari e distruggere la competitività dei Paesi, come il nostro, in cui i diritti di base e i controlli sono stati conquistati in anni di battaglie. Di solito incontro e racconto le conseguenze di questo perverso sistema, ossia i danni catastrofici che subisce la nostra produzione (piccola e di qualità) nel dover affrontare lo strapotere sul mercato di quelle multinazionali che approfittano dei trattati di libero scambio per sfruttare lavoratori, basse tasse e assenza di controlli e così, grazie alle regole scritte da loro stessi, vanno a dominare i mercati da cui provengono e devastano chi in quel mercato ci stava rispettando standard e regole. Vi dicevo all’inizio che questa volta guardiamo il problema dall’altra prospettiva, quella di chi viene sfruttato e umiliato per garantire il prodotto al prezzo più basso per il “padrone”. Ho approfittato della mia presenza qui a Quito per partecipare alla conferenza globale Habitat3, per incontrare un gruppo di Bananeros (l’esportazione di Banane è uno dei maggiori business del paese e impiega decine di migliaia di persone) rappresentati da un Sindacato, l’ASTAC, ovviamente non registrato. Il sindacalista prima di iniziare a spiegarmi le condizioni dei bananeros mi ha detto: “Sè que vuestro partido, cinco estrellas, està muy comprometido con la defensa de los trabajadores y los derechos humanos”, poi hanno iniziato a presentarmi testimonianze di episodi tanto agghiaccianti quanto emblematico di come vanno le cose. In pratica in Ecuador (e in generale tutta la regione amazzonica dove si raccolgono banane) i lavoratori sono schiavi di queste multinazionali e del sistema diabolico di controllo che hanno creato. Si lavora per 4/5 dollari al giorno (3 volte di meno del minimo salariale previsto per legge dal Governo). Se qualcuno si lamenta finisce in una black-list e può dimenticarsi di lavorare. Se si denuncia o si prova ad organizzare i lavoratori arrivano i sicari ingaggiati (qui la vita vale poco) a minacciare o far fuori chi intralcia il sistema. Molte donne lavorano nei campi, solo che per essere ingaggiate (sempre senza alcun diritto o contratto) devono piacere al Padrone e compiacerlo, altrimenti niente, funziona così. In Ecuador cinque grosse compagnie fanno la raccolta per le oltre 4000 fincas (piccole aziende agricole) e fissano il prezzo (3/4 dollari a cassa, circa 20kg di banane), a loro volta queste cinque sorelle ecuadoriane riforniscono le note multinazionali delle banane (le varie Chiquita, Del Monte ecc) che gli fissano il prezzo. Alla fine le banane finiscono sulla nostra tavola. Ora immaginate lo stesso sistema in tutte le altre attività. I sistemi di libero scambio possono essere uno strumento positivo e generare progresso e migliorie ovunque, ma devono cambiare i presupposti. Piuttosto che abbassare gli standard nostri questi trattati devono servire ad alzare gli standard e le tutele degli altri Paesi. Questo è quello che chiederemo sul trattato in corso di approvazione con l’Ecuador. Piuttosto che cedere i nostri diritti al volere e al potere del neoliberismo, dobbiamo fare in modo che la globalizzazione sia uno strumento di innalzamento della conoscenza e dei diritti. P.s. Quito è una città bellissima, probabilmente tra le più belle dell’intero continente latinoamericano, in un Paese straordinariamente accogliente, dove la revolución ciudadana, ossia le politiche di lotta alla povertà ed inclusione sociale di Rafael Correa, rendono visibili a tutti i loro frutti. P.p.s. Ho incontrato alcuni italiani residenti in Ecuador che mi hanno detto delle cose sul referendum del 4 dicembre. Ve le spiegherò in un breve video che pubblicherò più tardi.]]>

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