C’è un conflitto civile in corso nella Repubblica Centrafricana. Anche se ci sono stati precedenti scontri violenti (questo conflitto è un prolungamento della mai del tutto conclusa guerra del Bush durata dal 2004-2012), ed è iniziato nel mese di dicembre 2012 – gennaio 2013, tra la coalizione ribelle “Seleka” e la milizia “anti-Balaka”. Quella che apparentemente è nata come una guerra di matrice religiosa, si rivela essere piuttosto una guerra che ha alla base delle motivazioni più di natura politica. La religione è solo un altro ingrediente aggiunto nel calderone centrafricano al fine di ottenere l’attuale profonda crisi. Protagonista indiscusso e principale responsabile di questa situazione è l’ex presidente Francois Bozizé, ora rifugiatosi in Camerun. Egli si è insediato con un golpe militare nel 2003 ed è rimasto al potere fino al 2013 grazie all’appoggio francese e ciadiano. Il malcontento e la rivolta contro il suo governo, provenienti soprattutto dal nord del paese che ha da sempre sofferto la mancata attenzione delle autorità centrali, si è trasformato in stato di guerra costante. Venuto meno l’appoggio francese e ciadiano, Bozizé è stato costretto alla fuga, ma la guerra è rimasta. Oggi possiamo contare 13 diversi gruppi armati intenti a spargere instabilità in tutto il paese. Undici di loro sembrano aperti a negoziare la pace con il governo e MINUSCA, l’Agenzia delle Nazioni Unite operante in loco dall’inizio del conflitto. La violenza e le tensioni hanno portato ad un enorme spostamento forzato di persone e, all’inizio del 2017, già si contano tre peacekeeper ONU tra le vittime. Il rischio è in realtà così alto che gli operatori umanitari hanno dovuto sospendere le loro operazioni di soccorso, in particolare a Kaga Bandoro, una città situata nel nord del paese. Per questo motivo, più di 120.000 persone e altri 35.000 che vivono in situazioni precarie nei campi circostanti sono stati lasciati nel bisogno. L’impunità regna e i ribelli approfittano del commercio illegale di diamanti per finanziare se stessi e continuare alimentando il conflitto. Il Parlamento europeo è intervenuto diverse volte con risoluzioni e ultimamente, il 17 Novembre 2016, ha ospitato una conferenza a Bruxelles per discutere ulteriormente la situazione in corso. Vi è la necessità di cercare un dialogo politico concreto e serio, al fine di ripristinare la pace e la stabilità. Questo obiettivo può essere raggiunto in primo luogo mettendo fine all’impunità. Tutti i responsabili di crimini e violenze commesse devono essere presi e sottoposti a un processo equo. Per questo motivo, l’UE dovrebbe cooperare con le Nazioni Unite e le autorità della Repubblica Centrafricana al fine di istituire un tribunale penale speciale nel più breve tempo possibile, chiamando anche il Tribunale penale internazionale a indagare sulla questione. Naturalmente, trovare una soluzione per quanto riguarda il commercio illecito di diamanti deve essere parte integrante dell’intero processo di pace, visto che il Kimberly Process Certification Scheme, istituito per regolarizzare il commercio di diamanti ha fallito nell’assicurare l’estrazione di gemme “conflict free”. Di seguito il mio intervento in Parlamento Europeo nel corso della sessione del 19 gennaio 2017 https://www.youtube.com/watch?v=Vx-QPFFyRBY ]]>