Il 23 febbraio, la senatrice Leila de Lima è stata arrestata per accuse di droga che la mettevano in diretta correlazione con il traffico di droga presso il carcere di New Bilibid.
Quando era a capo della Commissione per i diritti umani, la senatrice de Lima aveva condotto delle indagini sulle presunte esecuzioni extragiudiziali di circa 1.000 sospettati di spaccio e consumo di droga a Davao, mentre Duterte era sindaco della città. Il 30 giugno 2016, dopo il suo insediamento in qualità di Presidente, Duterte lancia la sua “guerra alla droga”, dando pieni poteri agli agenti di polizia nazionale delle Filippine e a vigilantes non identificati che di conseguenza hanno ucciso più di 7000 persone apparentemente legate al traffico di droga.
Da quanto sottolineato, non è difficile pensare che l’arresto di Leila de Lima potrebbe essere una strategia adottata da Rodrigo Duterte per prendere di mira e screditare, con la scusa della guerra alla droga, anche critici e avversari politici, tant’è vero che la senatrice ha subito una serie di molestie e intimidazioni, da quando ha criticato apertamente la politica governativa riguardo la lotta al narcotraffico. Nel frattempo il governo filippino sta considerando nuove proposte di legge molto pericolose: in data 7 marzo 2017, si è votato per ripristinare la pena di morte, mentre adesso si sta valutando una legge che riduca l’età minima per la responsabilità penale da 15 a 9, sempre nell’ottica della cosiddetta “guerra alla droga”.
Questo evidente abuso di potere deve essere fermato in qualche modo. Invece, per il momento sembra proprio che si stia ampliando. Ciò può significare solo una cosa: dobbiamo intervenire con maggiore decisione. Innanzitutto, le autorità filippine devono far cadere le accuse contro la senatrice e rilasciarla subito, per poi semmai concederle un processo libero ed equo, che le darà la possibilità di dimostrare la sua innocenza.
Dopodiché bisogna porre fine alle esecuzioni extragiudiziali nella campagna antidroga, e condurre inchieste imparziali e indagini per verificare il grado di coinvolgimento della polizia nazionale filippina e di funzionari governativi nelle uccisioni illegali e per altri abusi contro i sospetti criminali, nell’intento di far giustizia ed evitare così di alimentare un clima di impunità che potrebbe solo portare ad una nuova escalation di violenza. A tal proposito, le istituzioni europee e gli Stati membri dell’UE potrebbero sostenere attivamente l’istituzione presso il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani di una commissione investigativa internazionale e indipendente che possa effettivamente far chiarezza sulle uccisioni extragiudiziali e le altre violazioni nel contesto della “guerra alla droga” del Presidente Duterte.