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Zimbabwe, il caso del pastore Evan Mawarire

Il popolo dello Zimbabwe sta soffrendo ormai da molti anni sotto il giogo del presidente Mugabe, il quale ha messo su un regime autoritario che si mantiene attraverso corruzione, violenza, elezioni truccate e un apparato di sicurezza brutale.

Le misure restrittive dell’UE nei confronti del regime dello Zimbabwe sono state rinnovate nel febbraio 2017 per la durata di anno, saranno quindi mantenute fino al 20 febbraio 2018; così come l’embargo sulle armi, mentre il congelamento dei beni e il divieto di viaggio continueranno ad essere applicati nei confronti del presidente Mugabe.

L’Unione Europea attraverso il Programma Indicativo Nazionale per lo Zimbabwe ha stanziato 234 milioni di euro per il periodo 2014-2020, fondi che andranno a concentrarsi su tre settori principali, vale a dire salute, sviluppo economico e governance.

Queste misure, di certo possono far leva sul governo affinché le libertà e i diritti fondamentali, quali la libertà di riunione, di associazione e di espressione siano ristabiliti e garantiti nella loro totalità, affinché cittadini come Evan Mawarire non debbano più soffrire simili persecuzioni da parte delle autorità governative. Infatti, una delle ultime manifestazioni di questo clima repressivo, una delle ultime ondate di violenza e oppressione si è abbattuta su Evan Mawarire, sacerdote e difensore dei diritti umani. Lui ha fondato a Harare il movimento sociale media indipendenti #ThisFlag, catalizzando la frustrazione dei cittadini contro il regime di Mugabe colpevole di non reagire e piuttosto favorire la corruzione, l’impunità e la povertà.

Evan Mawarire era stato già arrestato con l’accusa di incitamento a commettere violenza pubblica nel luglio 2016 per poi essere rilasciato e successivamente costretto a lasciare lo Zimbabwe quello stesso mese, a seguito di intimidazioni e minacce che mettevano a repentaglio la sua sicurezza e quella della sua famiglia.

Il 1 febbraio 2017, è stato nuovamente arrestato al suo rientro in Zimbabwe e poi rilasciato ancora una volta, ma solo su cauzione e dopo aver trascorso 9 giorni in custodia cautelare. Ma il suo rilascio su cauzione non è sufficiente, piuttosto bisogna completamente ritirare le accuse ingiustamente rivolte contro di lui, nonché rilasciare immediatamente e senza condizioni tutti gli altri prigionieri politici che come lui sono stati messi agli arresti senza una giustificazione accettabile. Esprimere un giudizio in modo non-violento è un diritto costituzionale per tutti i cittadini dello Zimbabwe e le autorità hanno l’obbligo di proteggere, e non di ostacolare, i diritti dei propri cittadini. Per tali ragioni l’UE deve assolutamente rilanciare il dialogo politico con le autorità dello Zimbabwe nel quadro dell’accordo di Cotonou, confermando così l’impegno dell’UE a sostenere la popolazione locale.

 

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