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Priorità dell’UE per le sessioni del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite nel 2017

L’Unione Europea è solita delineare ogni anno le proprie priorità per la sessione annuale del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Un po’ come per l’annual report sui diritti umani e la democrazia, vengono sottolineate le problematiche di maggior rilievo, le più pressanti e urgenti cui focalizzarsi, in modo tale da mantenere alta la concentrazione e l’impegno, monitorare gli sviluppi delle problematiche e valutare qualora sia il caso di cambiare approccio e possibilmente discutere e adottare nuove strategie per far fronte ad esse.

Tuttavia, le parole da sole non bastano, esse devono essere seguite dai fatti e mi duole constatare che spesso la trasformazione delle parole in fatti concreti prende troppo tempo, quasi come se non si voglia affatto procedere con questa trasformazione, quasi come fosse una costrizione. E questa lentezza, quest’inerzia viene pagata a caro prezzo da tutti coloro che si trovano a lottare contro continui abusi e violenze. Quando diciamo di dover intervenire a favore dei difensori dei diritti umani, significa che dobbiamo intervenire subito, con azioni tempestive ed efficaci, altrimenti le parole sono vuote e risultano essere solo una presa in giro. Quando parliamo di difendere i diritti delle popolazioni indigene, quando parliamo di contrastare il land grabbing, significa attaccare con decisione e immediatamente tutte quelle multinazionali e tutte quelle politiche che ostacolano la vita serena e pacifica di queste categorie di persone. Significa mobilitarsi all’istante. Da troppo tempo stiamo parlando della creazione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a dirimere la questione “Business & Human Rights”. Le multinazionali devono garantire la protezione dei diritti dei loro lavoratori. Dovrebbe essere scontato, in quest’epoca, nel 2017, questa protezione dovrebbe essere garantita, eppure spesso si tratta dell’eccezione piuttosto che della regola. Mi chiedo quanto tempo ancora si debba attendere.

Desidero anche porre l’accento su un certo grado di disfunzionalità nei meccanismi delle Nazioni Unite, poiché ancora non si riesce a stabilire un sistema efficace ed efficiente: alcuni seggi presso l’UNHRC sono occupati da paesi i quali si sono abbandonati a gravi violazioni dei diritti umani, soprattutto mi preme sottolineare i casi di Arabia Saudita, Burundi e Western Sahara. Questi paesi infatti sono accomunati da un’ampia e continua violazione dei diritti umani e, visto il perseverare nella non ottemperanza di quelli che sono i principi fondanti dell’ONU, mi chiedo come mai essi siano ancora parte di esso e mi chiedo anche per quanto tempo ancora dovremmo assistere a questa infinita serie di soprusi.

Infine vorrei mettere in evidenza la necessità di maggiore trasparenza e uguaglianza nelle modalità di voto dell’UNHRC, questa infatti potrebbe essere un’altra modifica volta ad assicurare un miglior funzionamento di tale importante strumento per la difesa dei diritti umani.

Altrimenti, l’immagine dell’organizzazione risulta essere opaca e le azioni, o inazioni, risultano ambigue. Dobbiamo adottare e seguire un’unica linea di condotta, si tratta semplicemente di seguire scrupolosamente quelli che sono i nostri principi costitutivi.

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