Tutto comincia quando il presidente macedone Gjorge Ivanov, che è vicino ai nazionalisti macedoni del VMRO, si rifiuta di dare mandato alla coalizione di governo formata da socialisti (SDSM di Zoran Zaev) e partiti albanesi.
Malgrado i nazionalisti avessero ottenuto una risicata maggioranza alle elezioni di dicembre 2016, infatti, l’ex premier Nikola Gruevski non ha trovato l’accordo con Ahmeti per formare un nuovo esecutivo.
Il presidente ha quindi ritenuto che l’alleanza fra opposizioni costituisse “una minaccia per l’integrità e la sovranità del paese” e ha bloccato la nuova maggioranza con una mossa incostituzionale che il leader socialista Zoran Zaev ha definito un “colpo di stato”.
A poco, fino ad oggi, sono servite le pressioni internazionali.
In Macedonia, la democrazia parlamentare non può rimanere in questa fase di stallo totale. I processi democratici di formazione di un nuovo governo sono stati ingiustamente bloccati da parte del Presidente Ivanov, che si è rifiutato di compiere il proprio dovere costituzionale (oltre che rispettare la propria promessa) e dar mandato a Zaev, leader dei social-democratici, che è riuscito a fornire una maggioranza parlamentare di 67 seggi.
Questo rifiuto si manifesta chiaramente come una sorta di protezione nei confronti dell’ex premier Gruevski. Tutto ciò è inaccettabile. Ostacolare il processo democratico è un atto pericoloso per la stabilità dell’intero paese. La Macedonia deve pensare a riattivare al più presto il suo processo di integrazione europea, che ormai è in piedi da troppi anni e che soprattutto ha visto una gran frenata con gli ultimi governi.
La maggioranza parlamentare va rispettata. Non vorremmo che questa paralisi istituzionale porti il paese ad un conflitto etnico. Non c’è più tempo da perdere. Ci aspettiamo che venga ripristinato al più presto il funzionamento del processo democratico nell’interesse di tutti i cittadini macedoni. Eliminando il rischio che nuove tensioni etniche riemergano e destabilizzino l`intera area balcanica.