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Come far fronte ai movimenti di rifugiati e migranti: ruolo dell’azione esterna dell’UE

Attualmente nel mondo ci sono 244 milioni di migranti internazionali. Per quanto riguarda i profughi: l’86% dei rifugiati si trova in paesi in via di sviluppo, mentre le milioni di persone che sono arrivate ​​nella Unione Europea nel 2015 rappresentano solo lo 0,2% della popolazione europea.

L’Unione Europea, a ciò, non ha reagito con prontezza, e sta continuando a reagire male. Occorre dare una risposta comune per affrontare le sfide che questo fenomeno rappresenta, e rispondendo con efficacia e correttezza aiuterebbe molto nel contrastare gli attuali discorsi xenofobi e nazionalisti.

La mobilità umana, se gestita in maniera sicura, ordinata, regolare e responsabile, è infatti in grado di fornire vantaggi significativi, come riconosciuto dall’Agenda 2030, ma questi sono spesso rimasti in gran parte sottovalutati.

L’Unione Europea ha introdotto un nuovo quadro di partenariato in materia di migrazione nel giugno 2016 che coinvolge a pieno la migrazione nella politica estera dell’Unione europea. E si tratta di un approccio inclusivo, che pone sullo stesso piano gli Stati membri, le istituzioni europee e i paesi terzi per lavorare insieme e gestire meglio i flussi migratori attraverso l’adozione di politiche incentrate sul medio e lungo termine. L’obiettivo è quello di smantellare l’attuale traffico illegale di esseri umani, evitando così che non si debbano più vedere viaggi della speranza e morti in mare. Migliorando anche la cooperazione in materia di rimpatrio e di riammissione dei migranti irregolari, nonché rafforzando gli investimenti nei paesi partner secondo un rapporto win-win.

Il nuovo quadro di partenariato con i paesi terzi potrebbe essere quella reazione che tutti stavamo aspettando così come la proposta della Commissione di un nuovo e ambizioso piano di investimenti esterni (EIP) per mobilitare un cospicuo numero di finanziamenti per lo sviluppo dei paesi terzi, con l’obiettivo di contrastare efficacemente le cause che stanno all’origine delle migrazioni. La creazione di fondi fiduciari e strumenti finanziari ad hoc, contribuendo a mobilitare le risorse necessarie e portando flessibilità all’azione dell’UE, tuttavia mina anche l’unità di bilancio del Parlamento; pertanto il Parlamento è chiamato a un maggiore coinvolgimento nella supervisione di tali strumenti. L’efficacia dei fondi fiduciari dipende in larga misura dalla volontà degli Stati membri nel dare il proprio contributo e dal loro pieno coinvolgimento.

L’azione esterna dell’UE deve essere lungimirante e reattiva per rispondere con efficacia al presentarsi di nuove crisi. E’ importante sottolineare che i fondi destinati allo sviluppo non siano utilizzati per azioni parallele in ambiti che non riguardano il vero e proprio sviluppo, come ad esempio sicurezza e difesa. Inoltre bisogna stare attenti affinché sia garantito il rispetto delle norme internazionali sui diritti umani. Perciò non è auspicabile fare accordi in materia di migrazione con paesi quali la Turchia, finché quest’ultima non dia prova che può farsi carico della gestione dei migranti senza ledere i loro diritti. Infine l’Unione Europea è chiamata ad uno sforzo congiunto, che metta insieme non solo Stati Membri e paesi terzi, ma anche ONG e società civile oltreché le organizzazioni internazionali interessate. Ci vuole un gran livello, un nuovo livello di cooperazione, coordinazione e impegno per fare in modo che l’intervento porti i benefici che tutti noi ci auspichiamo. Tutti noi ci auspichiamo che ciò accada, ma ognuno nel frattempo, deve fare la propria parte.

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