Quanta contezza abbiamo di cosa succede nel Mondo?
Quanto sentiamo vicine le immagini dei bombardamenti che passano nelle TV di casa nostra?
Di conflitti attivi nel mondo, di varia intensità, ce ne sono tanti, troppi.
La parola conflitto in sé e per sé appartiene al vivere sociale, la conflittualità fa parte della nostra vita ordinaria, giornaliera, ma quando il conflitto diventa un conflitto armato, allora significa che qualcosa di profondamente sbagliando sta succedendo.
Con questo articolo iniziamo una rubrica, attraverso la quale cercheremo di gettare uno sguardo al mondo intero nell’intento di raccontare e mettere in evidenza i fatti e le caratteristiche di quelli che sono attualmente i conflitti in corso nelle varie zone del Pianeta.
Come potete ben immaginare, il mio lavoro al Parlamento Europeo nelle commissioni Sviluppo (DEVE) e Diritti Umani (DROI), spesso ha a che fare con situazioni di crisi (umanitarie, economiche, politiche). Laddove c’è un conflitto armato, evidentemente, ci sono le peggiori violazioni dei diritti umani ed è per questo motivo che mi propongo di analizzare i contesti di guerra in maniera più approfondita.
Partiamo dall’Africa, la culla della vita, un continente storicamente martoriato dagli interessi politici delle potenze occidentali, che ancora oggi non riesce a liberarsi dalla piaga delle guerre, indotte da notevoli interessi sulle gestione delle ricchissime risorse del continente e che non hanno de facto mai fatto terminare realmente il periodo coloniale.
Le motivazioni di questi conflitti sono varie: lo sfruttamento e accaparramento dei giacimenti e delle risorse naturali, oppure le divisioni e discriminazioni di natura etnica o religiosa, oppure ancora la debolezza delle istituzioni nel mantenere e costruire un ambiente sociale inclusivo ed efficiente. Ad oggi i maggiori conflitti sul continente sono in: Burundi, Egitto, Libia, Mali, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sudan e Sud Sudan.
Il mio intento, successivo a questo articolo, sarà quello di passarli in rassegna uno per uno, insieme a tutti gli altri maggiori conflitti esistenti a livello globale.
Il Medio Oriente è un’altra zona storicamente difficile e conflittuale, probabilmente anche per la sua posizione geografica, in quanto punto di passaggio e collegamento tra tre continenti. Qui c’è una grande concentrazione di conflitti di ampie dimensioni quali: Iraq, Israele/Palestina, Siria e Yemen.
Se invece prendiamo in considerazione l’intero continente asiatico, i focolai più preoccupanti sono quello afghano e quello birmano, ma non vanno sottovalutati altri conflitti in Pakistan e nelle Filippine.
In Europa solo l’Ucraina è indicizzato come Paese in conflitto, anche se vi sono delle condizioni di instabilità crescenti causate dalle cellule jihadiste attive nel vecchio continente, mentre nell’America centro-meridionale continuano ad esserci in varie zone delle situazioni di conflitto tra gruppi armati. Il paese che attualmente si trova in acque più torbide è il Messico, alle prese con una estenuante guerra ai cartelli della droga che detenendo un enorme potere economico hanno una gigantesca capacità corruttiva. Più a sud, in Colombia, sono finiti i tempi di Pablo Escobar e del cartello di Medellín, ma ancora non si è trovata soluzione al conflitto tra FARC, ELN e il Governo, conflitto che vede coinvolti i proventi del traffico di cocaina e che va avanti da oltre 50 anni, mentre in Venezuela la situazione, dopo la morte di Chavez, sembra deteriorarsi a vista d’occhio.
Questi sopra elencati sono alcuni di quei Paesi dove il conflitto ha assunto dimensioni più ampie e dove spesso sono impegnate unità militari di coalizioni internazionali. Alcuni di essi vedono contrapposte diverse entità statali, altri sono conflitti interni tra il governo e gruppi armati locali oppure gruppi terroristici. In molti altri Paesi del Mondo invece la conflittualità è generata dalla povertà o dallo sfruttamento economico, sono altro tipo di guerre. Guerre economiche e finanziarie, la guerra mondiale a pezzetti, ai tempi della globalizzazione.
I conflitti alimentano interessi economici ingenti soprattutto per l’industria bellica, che spesso riesce ad indurre scelte di politica estera di Stati importanti. Nonostante sia difficile quantificarne con assoluta precisione il valore, si calcola che il mercato internazionale delle armi vale tra i 76 e i 90 miliardi di dollari annui, rappresentando così uno dei mercati più redditizi del mondo. Per capirci gli Stati Uniti esportano armi per un valore di circa 11 miliardi di dollari l’anno (principale acquirente l’Arabia Saudita con 1,2 miliardi l’anno), la Russia esporta per un valore di circa 6 miliardi (principale acquirente l’India con una spesa di 2,15 miliardi annui) e l’Italia e il nono esportatore mondiale e il dodicesimo Paese per spesa militare. La spesa globale aggregata per la difesa raggiunge invece circa 1800 miliardi di dollari annui, una enormità che fa capire il livello di interessi che ci possano girare intorno.
La mappa allegata al presente articolo, fornirà un importante contributo visivo in modo da rendere istantaneamente chiara la geografia dei conflitti armati. Abbiamo provato a confrontare le varie fonti internazionali e utilizzare la nostra esperienza di monitoraggio di violazioni nel Mondo.
La terza guerra mondiale è una guerra diversa, strana, sporca, sistemica, mediatica, trasversale e a tratti invisibile. Per combatterla bisogna riconoscerla e prendere coscienza di ciò che ci succede intorno, questo è il primo passo.