Oggi sono intervenuto in Aula per denunciare ancora una volta quanto sta accadendo in uno di quei paradisi tropicali che per i più fortunati che possono permetterselo, sono meta delle vacanze degli occidentali, europei compresi. Ebbene, da quelle parti, in quel paradiso sta succedendo un disastro, torture e violazioni dei diritti umani che vedono coinvolti, loro malgrado, migliaia di cittadini inermi. Ebbene, ecco il dettaglio del mio intervento in Aula del Parlamento Europeo riunito in sessione Plenaria a Strasburgo.
Ci troviamo qui oggi a discutere nuovamente sulla situazione delle Maldive, la quale non solo non ha registrato alcun miglioramento, ma è addirittura peggiorata.
In linea generale, ritengo che l’idea del divieto di viaggio è di gran lunga lo strumento più efficace che possiamo utilizzare per ottenere un forte impatto sul governo delle Maldive e per dare una risposta risoluta e concreta a coloro i quali continuano a violare i diritti umani e il diritto internazionale nello stato delle Maldive.
Considerato che centinaia di migliaia di turisti europei si recano in vacanza alle Maldive ogni anno, e preso atto che il governo ha dimostrato chiaramente di non preoccuparsi minimamente dei richiami e delle ammonizioni internazionali, sono fortemente convinto che il divieto di viaggio potrebbe essere uno dei migliori strumenti che abbiamo a nostra disposizione.
Difatti, il divieto di viaggiare produrrebbe una notevole perdita di un enorme fetta di mercato nel settore turistico, la quale renderebbe il Governo delle Maldive più vulnerabile e sicuramente più propenso a far rispettare i diritti umani.
L’intervento di Corrao in Parlamento Europeo
Ecco in dettaglio,
l’ultimo rapporto di Amnesty International
Capo di stato e di governo: Abdulla Yameen Abdul Gayoom Il governo ha intensificato il giro di vite sui diritti alla libertà d’espressione e di riunione pacifica. Le autorità hanno impiegato nuove leggi e cause penali per mettere a tacere oppositori politici, difensori dei diritti umani, giornalisti e la società civile. La mancanza d’indipendenza della magistratura ha
continuato a essere motivo di preoccupazione. Il governo ha fatto alcuni passi verso la reintroduzione delle esecuzioni, dopo più di 60 anni.
CONTESTO
La coalizione politica al potere ha emanato una nuova legislazione per limitare le proteste pacifiche e la libertà d’espressione. È stata creata una coalizione di opposizione, l’Opposizione unita delle Maldive, guidata dall’ex vicepresidente Mohamed Jameel, con l’appoggio dell’ex presidente Mohamed Nasheed, che ha ottenuto asilo politico nel Regno Unito. Nella coalizione al potere sono aumentate le divisioni tra le fazioni fedeli all’attuale presidente e quelle legate al precedente, Maumoon Abdul Gayoom.
PROCESSI INIQUI
Le autorità hanno sempre più spesso ignorato le garanzie costituzionali sul diritto a un processo equo, come è stato messo in luce da una serie di cause penali contro avversari politici. Il 10 giugno, l’ex vicepresidente Adeeb è stato condannato a 15 anni di reclusione in relazione a un complotto per assassinare il presidente ma ci sono state forti preoccupazioni sull’equità del processo. A febbraio, lo sceicco Imran Abdulla, leader del partito Adhaalath,
è stato condannato a 12 anni di carcere per terrorismo, dopo un processo che è stato ampiamente criticato come iniquo e politicamente motivato. La Corte suprema ha confermato le lunghe pene detentive inflitte all’ex presidente Nasheed e all’ex ministro della Difesa Mohamed Nazim; entrambi erano stati condannati in processi ritenuti gravemente iniqui.
SISTEMA GIUDIZIARIO
Il sistema giudiziario ha continuato a essere profondamente politicizzato. A luglio, un tribunale civile ha minacciato di accusare di oltraggio il procuratore generale, dopo che la procura aveva reso noto che avrebbe presentato ricorso contro una sentenza che proibiva per due anni ad alcuni ex dipendenti del quotidiano Haveeru di lavorare per qualsiasi altro organo d’informazione. Il governo non è riuscito a rafforzare la Commissione per i servizi giudiziari per garantire l’imparzialità.
LIBERTÀ D’ESPRESSIONE
Ad agosto, una nuova legge che ha reso reato discorsi, commenti e altri atti “diffamatori” è stata approvata dal parlamento e ratificata dal presidente. La formulazione vaga e la vasta applicabilità della legge ha fornito alle autorità ampia discrezionalità per prendere di mira e mettere a tacere chi esprime critiche in modo pacifico.
Gli organi d’informazione liberi e indipendenti hanno subìto vessazioni sotto forma di cause legali e messa al bando. Haveeru, DhiTv, AdduLive e Channel News Maldives sono stati occasionalmente bloccati o costretti a chiudere. Quattro giornalisti del canale televisivo vicino all’opposizione Raajje Tv sono stati accusati di ostacolo alle forze di polizia dopo aver seguito una protesta; le sentenze erano attese per l’inizio del 2017.
A luglio, l’attivista dei social network “Lucas” Jaleel è stato arrestato per “incitamento all’odio”, dopo aver accusato con alcuni tweet la polizia di aver fatto uso eccessivo della forza. Ad aprile, la polizia ha confermato che il giornalista Ahmed Rilwan era stato rapito davanti alla sua abitazione nel 2014, mentre prima aveva negato l’esistenza di prove di un rapimento. A maggio, dinanzi al Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate e involontarie, il governo ha negato di essere coinvolto nella sua scomparsa.
LIBERTÀ DI RIUNIONE
Sono proseguite le restrizioni arbitrarie nei confronti di manifestanti pacifici e difensori dei diritti umani. A febbraio, la polizia ha vietato lo svolgimento di un raduno contro la corruzione nella capitale Malé. Ad aprile, 16 giornalisti sono stati arrestati dopo aver inscenato una protesta pacifica contro la legge sulla diffamazione davanti all’ufficio del presidente e, ad agosto, ai giornalisti è stato impedito di protestare contro la stessa legge. A luglio, il governo ha negato all’Opposizione unita delle Maldive il permesso di tenere un raduno. Ad agosto è stata emanata una legge che prevedeva l’ottenimento di un’autorizzazione scritta da parte della polizia per tenere una manifestazione di protesta a Malé.
PENE CRUDELI, DISUMANE E DEGRADANTI
I tribunali hanno continuato a condannare persone, in maggioranza donne, alla fustigazione, soprattutto per il reato di “fornicazione”. Nonostante la fustigazione costituisca tortura o punizione crudele, disumana o degradante, il governo ha continuato a ribadire che non l’avrebbe eliminata dal diritto interno.
PENA DI MORTE
Alti funzionari hanno più volte tentato di ripristinare le esecuzioni e porre fine alla moratoria sull’uso della pena di morte, in vigore da più di 60 anni. Il governo ha dichiarato che avrebbe effettuato esecuzioni entro 30 giorni dalla conferma delle condanne a morte da parte della Corte suprema e ha cambiato il metodo di esecuzione dall’iniezione letale all’impiccagione. A giugno e luglio, la Corte suprema ha confermato le condanne a morte di tre persone, nonostante fondati timori d’iniquità processuale, in almeno un caso . Le esecuzioni non hanno avuto luogo poiché erano in corso le trattative con le famiglie delle vittime sulla possibile grazia, come prevede la legge islamica. Dei 17 detenuti nel braccio della morte, almeno cinque erano stati condannati a morte per reati commessi quando erano minorenni.