L’attuale modello di repressione al quale stiamo assistendo a Gaza ha raggiunto livelli drammatici che non possono essere più ignorati o giustificati dalla comunità internazionale.
Nelle due giornate di proteste che si sono svolte nelle scorse settimane, sono state uccise più di 30 persone, oltre alle 2000 che erano già state ferite.
L’esercito israeliano ha disposto tiratori scelti lungo il confine per sparare sui manifestanti che provavano a raggiungere la recinzione che protegge il confine. Ma in realtà hanno aperto il fuoco su tutti, come testimoniato dalle drammatiche immagini che hanno fatto il giro del mondo
La risposta dello Stato israeliano si è dimostrata del tutto sproporzionata di fronte alle manifestazioni di protesta.
Trovo sconcertante la giustificazione che hanno dato le autorità politiche e militari israeliane, secondo le quali alcuni dei feriti e deceduti erano membri di Hamas, e che dunque costituissero un pericolo immediato per la sicurezza di Israele.
Numerose ONG e gli esperti dell’ONU hanno però ritenuto che non ci fossero minacce gravi all’incolumità delle forze di sicurezza israeliane.
L’uso di munizioni letali al di fuori di situazioni di grave pericolo costituisce una grave violazione del diritto internazionale e dei diritti umani.
Cari colleghi, mi duole constatare come la situazione della striscia di Gaza, sottoposta a blocco navale e marittimo da parte di Israele e con 1,3 milioni di persone in stato di grave deprivazione materiale, economica e sanitaria è un palese esempio di violazione dello stato di diritto, certamente da parte di Hamas ma anche e soprattutto da chi si considera ‘l’unica democrazia del Medio Oriente, che dunque dovrebbe rispettare, per esempio, la Quarta Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra.