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Burundi, necessarie altre sanzioni verso chi continua a violare i diritti umani nel paese

Quanto vale la parola data da un uomo come Pierre Nkurunziza?
Questo è quello che si stanno chiedendo tutti in Burundi: la società civile, le opposizioni ma anche i cittadini comuni.

Il presidente ha infatti dichiarato che non correrà alle prossime elezioni del 2020, nonostante potrebbe farlo proprio grazie al referendum costituzionale che ha fortemente voluto e vinto lo scorso maggio. Referendum che ha apportato modifiche costituzionali che gli permetterebbero di continuare ad essere la massima carica dello stato per altre 2 legislature di 7 anni e quindi fino al 2034!

Tutto questo accade in un paese che continua ad essere pervaso dal caos. Il processo stesso del referendum ha visto più ombre che luci, con le milizie Imbonerakure impegnate a scortare i cittadini ai seggi esortandoli a votare si: una raccomandazione difficile da ignorare in un paese dove gli arresti arbitrari, le torture e le uccisioni extragiudiziali sono all’ordine del giorno.

Più di 1200 morti e centinaia di migliaia di civili in fuga hanno spinto l’anno passato la Corte Penale Internazionale ad aprire un’investigazione sugli avvenimenti in Burundi. La risposta non ha tardato ad arrivare: il Burundi, proprio per evitare questa investigazione, è diventato il primo paese nella storia a ritirarsi dallo Statuto di Roma.

La Commissione di inchiesta sul Burundi, esponendo il proprio rapporto al Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, ha elencato tutte le violazioni riscontrate ed evidenziato come la situazione continui ad essere estremamente preoccupante e come le autorità Burundesi non cooperino con le Nazioni Unite.
Per cui colleghi, commentando le dichiarazioni di Nkurunziza, ritengo che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio. Dobbiamo continuare a parlare e ad occuparci del Burundi, mantenere alta la pressione, non chiudere gli occhi verso una situazione tragica che continua ininterrottamente dal 2015.
Servono nuove sanzioni verso tutti coloro che continuano a violare i diritti umani nel paese.
Sono necessari controlli supplementari dei fondi per assicurarsi che essi non cadano nelle mani del governo e delle autorità del Burundi ma beneficino solamente la popolazione e la società civile.
Serve che la comunità internazionale non abbassi la guardia: che la corte penale internazionale, così come la commissione d’inchiesta, continuino ad indagare su quanto avviene in Burundi.
Infine serve che un uomo, il presidente Nkurunziza, mantenga la parola data, quella di rinunciare a nuovi mandati, permettendo così a un paese, forse, di voltare finalmente pagina.

L’intervento di Ignazio Corrao in Parlamento Europeo.

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