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Alcune proposte per salvare la granicoltura in Sicilia

Da anni ormai il settore cerealicolo siciliano è in ginocchio. I produttori disperati non riescono più a fronteggiare la concorrenza scorretta delle multinazionali del grano.

 

In tutti questi anni l’Europa ha permesso di fare entrare grano-immondizia ricolmo di glifosato e micotossine senza alcun controllo, distruggendo l’economia cerealicola siciliana. Non possiamo illuderci di competere con le grandi multinazionali in una guerra impari, proprietarie di grandi appezzamenti da migliaia di ettari contro i nostri piccoli appezzamenti, di massimo 100 ettari. Mitra e cannoni contro freccette. E’ chiaro che la competizione è a perdere.

 

In Sicilia arrivano a tonnellate di grano straniero di scarsa qualità, che poi finiscono nelle nostre tavole. Ma noi perché dobbiamo mangiare il grano canadese tossico mentre abbiamo il grano di alta qualità? In Italia non ne produciamo abbastanza e quindi importiamo circa 2,3 milioni di tonnellate di grano straniero ogni anno. Oggi in Italia, su 20 semole in commercio 14 risultano contaminate con glifosato e ci sono studi che dimostrano anche presenza di glifosato anche nelle donne incinta.

In Sicilia i controlli sono blandi. Solo una piccola parte dei carichi vengono controllati e una piccolissima percentuale viene sanzionata. I controlli sono lacunosi, specie sul glifosato, e si affida tutto alla bravura e alla determinazione di pochi baluardi nelle forze dell’ordine, le stesse che hanno fermato la nave di Pozzallo dal Kazakistan.

In tutto ciò i produttori di grano siciliano stanno morendo di fame. Oggi il grano siciliano sta seriamente rischiando di scomparire, perché per produrlo ci vogliono 30 centesimi al Kilo mentre si vende al massimo a 19-20 centesimi. Chi paga meno di 34 centesimi può essere definito un ladro di grano siciliano.

L’Europa è responsabile di questa tragedia, perché i fondi UE premiano più chi abbandona i terreni piuttosto che chi coltiva il grano, perché i porti europei sono la porta d’ingresso incontrollata del grano straniero e perché hanno saputo difendere gli interessi dei produttori del Sud Italia.

Ma anche la politica italiana è stata assente nei tavoli che contano per sostenere i produttori. Pensate a cosa sarebbe successo se fossero stati toccati gli interessi dell’agricoltura del Nord Europa. Sarebbe successa la rivoluzione, e avrebbero ricevuto sostegno al reddito e almeno un prezzo minimo di vendita almeno per coprire i costi e per garantire la dignità che invece è stata calpestata ai nostri produttori.

Qua stiamo parlando di una crisi sistemica. La cosa preoccupante è che sulla crisi dei produttori c’è la speculazione dei grandi gruppi che fanno finanza col grano. E fa ancora più rabbia pensare che molte famiglie di piccoli produttori siciliani siano finite in fallimento perché c’è chi gioca con i prezzi del grano dall’altra parte del mondo.

A questo si aggiunge che le compensazioni e i pagamenti diretti della PAC di circa 260 Euro/Ha, rappresentano un’elemosina che non risolve niente e per giunta vengono pesantemente intaccate, se non esaurite, proprio per coprire i residui costi. E poi ci sono i pesanti ritardi di AGEA, e spesso le decurtazioni a monte per le cartelle INPS ed Equitalia. Quello che, eventualmente, resta non basta alla sopravvivenza delle aziende che si indebitano pesantemente con gli Istituti di credito o con gli usurai. Non riuscendo a pagare le rate, le aziende sono sepolte di decreti ingiuntivi e devono cedere i loro terreni che vengono svenduti all’asta con prezzi assolutamente ridicoli.

E’ in atto l’abbandono dei fondi e qualche volta anche la vita, come dimostrano i casi di suicidio, anche nel comparto granicolo.

Un panorama spettrale su cui dobbiamo assolutamente intervenire a gamba tesa, in modo preciso e coordinato.  

 

Per questo motivo ho intenzione di promuovere un primo “pacchetto granicoltura” di linee guida e soluzioni abbracciando alcune proposte che sono state avanzate proprio dal mondo dei produttori di grano riuniti nell’Associazione Simenza che valorizza i grani antichi e dai territori delle aree interne, che più stanno sentendo questa crisi.

 

1) Combattere l’invasione

 

– Potenziare il sistema dei controlli sui prodotti alimentari provenienti dall’estero. In particolare occorre attuare sistematicamente, e non sporadicamente, i controlli statistici e sanitari delle merci importate. Ci vuole una grande riorganizzazione del sistema dei controlli, dobbiamo sapere in modo capillare da dove vengono, cosa portano e dove vanno tutti i carghi di grano di cui la Sicilia è invasa. Occorrono maggiori controlli sui porti sensibili come Pozzallo. Ci vogliono più risorse economiche, uomini preparati e mezzi. Il grande piano di rafforzamento deve coinvolgere Ministero, dogane, nuclei operativi della forestale, Regione, ispettorato centrale della repressione frodi e ispettori fitosanitari.

Questo vale non soltanto per il grano ma anche per gli altri prodotti ortofrutticoli. E non soltanto nei porti, ma anche nei mercati. Non è più accettabile che, per esempio, il mercato ortofrutticolo di Catania sia il porto delle nebbie, dove non è tracciato l’ingresso dei prodotti stranieri.

 

– Lotta al gliphosate e micotossine. Occorre potenziare la rete di laboratori già esistenti, aggiornando i laboratori degli strumenti idonei per il rilevamento del “gliphosate” micotossine e tenendo presente che, nel caso delle navi, basta un attracco al porto di Marsiglia o Amburgo, con conseguenti analisi per potere circolare e scaricare liberamente nei porti dei paesi dell’Unione Europea. I controlli alla banchina dei grani esteri continuano a rappresentare uno snodo cruciale per la difesa dell’intero comparto. Inoltre Occorre attivarsi urgentemente in sede UE per abbassare il limite di residuo del Gliphosate, stabilito su un consumo europeo di pasta di 5Kg annui pro capite, in considerazione  che in Italia, specie nel meridione, il consumo è di 26 Kg annui ad individuo. Tutto questo ci porta ad ingerire 5 volte la dose consentita, minando anche la salute dei nostri bambini.

 

– Avviare controlli nei mulini che importano grano estero e lo trasformano in prodotti e vengono consumati. In quali prodotti da forno sarebbe finito il grano marcio del Kazakistan se non fosse stato fermato al porto?

2) Valorizzare il nostro grano di qualità

 

Innanzitutto occorre proteggere i nostri produttori sull’orlo del fallimento e in preda agli speculatori fondiari, e dichiarare lo stato di crisi di mercato con la conseguente messa in atto dei provvedimenti che prevedano la sospensione delle cartelle di pagamento, delle rate ISMEA per un periodo che consenta la normalizzazione del mercato.

– Favorire e incentivare l’aggregazione di aziende agricole piccole e medie nel settore cerealicolo per potenziare le fasi di stoccaggio, trasformazione e distribuzione, così da trattenere il valore aggiunto generato dalle fasi a valle della filiera;

 

– Promuovere contratti di filiera che riconoscano pari dignità fra gli attori e riconoscimento economico adeguato del prodotto e il coinvolgimento dell’industria alimentare;

 

– Occorre un sistema di interventi immediati di promozione del grano siciliano che comprenda la costituzione di un marchio “Grano duro di Sicilia”, comprensivo di disciplinare da promuovere in modo da raggiungere le quotazioni del “Desert Durum” Americano (oggi 40/E./Q.), del quale il prodotto siciliano non è assolutamente inferiore.

 

– Garantire la validità e l’effettiva applicazione della normativa sulla trasparenza dell’indicazione dell’origine in etichetta del grano duro per le paste di semola di grano duro. 

 

– Battaglia senza quartiere in sede UE al CETA e sull’origine dell’ingrediente primario in etichetta. Con il Regolamento UE 2018/775, la Commissione Europea ha commesso un grave abuso, permettendo una serie di deroghe che sviliscono la trasparenza per i consumatori. Sarà sufficiente inserire i suggerimenti geografici all’interno di un marchio registrato, o in una IGP (Indicazione Geografica Protetta), per nascondere che l’ingrediente primario proviene da tutt’altra parte. Latticini e formaggi da latte e cagliate di provenienza polacche, prosciutti e salumi da carni dagli allevamenti ucraini, pasta da grano canadese e riso asiatico: basterà inserire il tricolore nel brand e il consumatore verrà privato della possibilità di distinguere la filiera locale da quella globalizzata.

– Impedire tramite appositi provvedimenti normativi qualsiasi tentativo di appropriazione monopolistica di agrobiodiversità da parte di soggetti che mirano esclusivamente all’aspetto finanziario del settore, come successo nel caso dei grani antichi siciliani e del grano Senatore Cappelli

 

– Dotarsi di sistemi di riconoscimento genetico che riducano il rischio di frodi nel settore della produzione e trasformazione dei grani antichi;

 

– Modificare l’Art. 2. del Decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187

Regolamento per la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari, a norma dell’articolo 50 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, nella parte che recita: “E’ denominato “semola di grano duro”, o semplicemente “semola”, il prodotto granulare a spigolo vivo ottenuto dalla macinazione e conseguente abburattamento del grano duro, liberato dalle sostanze estranee e dalle impurità.”

Questa norma penalizza oltremodo i mulini a pietra in quanto dalla molitura a pietra è impossibile ottenere un prodotto a “spigolo vivo”, che non costituisce un requisito scientificamente e tecnologicamente significativo, ma che era stato posto in evidenza all’atto della stesura della legge per evitare sofisticazioni in auge negli anni ’80 e’90.

I mulini a pietra costituiscono un patrimonio storico culturale della nostra nazione e in questa fase stiamo assistendo al ripristino di molte strutture abbandonate, purtroppo l’impossibilità di apporre in etichetta la dicitura “semola” impedisce l’utilizzo dei loro trasformati nell’industria pastaria.

 

– Revisione del DM 18354/2010 che regola le rotazioni colturali riducendo la produzione di grano duro nel meridione. Esso è un regolamento dove si viene costretti a gestire le coltivazioni e le alternanze colturali secondo un criterio che non ha nessuna logica agronomica, raggiungendo paradossi evidenti. 


 

– Rivedere la legge sementiera permettendo agli agricoltori di recuperare varietà desuete e,  visto il potenziale del nuovo mercato, regolamentare e prevedere la possibilità di commercializzare il grano e i prodotti ottenuti dalla sua trasformazione, con l’indicazione della varietà. A questo proposito occorre un piano organico di sviluppo dei grani antichi.

 

 

 

In foto la visita di Corrao alla stazione di granicoltura siciliana

 

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