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Innovazione e ricerca diventino cultura e opportunità per il nostro territorio

Plastic free, macchine ad idrogeno e batterie a lunga ricarica meno inquinanti. L’innovazione e la Ricerca devono diventare cultura e opportunità per il nostro territorio.

In una grigia e piovosa Bruxelles comincio la mia giornata lavorativa con una veloce rassegna stampa delle ultime 12 ore, accendo il computer e comincio la mia disamina. Politica nazionale, internazionale e un attento sguardo su twitter per cominciare. Il tempo di un sorso di caffè e decido di dedicarmi alle ultime sul Medio Oriente, dove l’azione avventata degli Stati Uniti in Iraq rischia di destabilizzare una regione già martoriata da perenni conflitti. Passo al setaccio tutta la stampa estera per capire le prese di posizione in Europa e nel mondo, ma m’intristisco nel vedere una sorta di gioco a nascondino dove tutti hanno paura di mostrarsi.

Continua la mia lettura dove la maggior parte dell’attenzione dei media è riversata sulle note vicissitudini che affliggono l’Australia in questi giorni con gli ingenti danni causati dai roghi e la morte di circa 500 milioni, c’è chi dice 1 miliardo, di specie animali. Un’ecatombe annunciata ma non presa in considerazione dall’attuale governo australiano, il cui Primo Ministro Scott Morrison è stato accusato più volte di essere un “negazionista” dei cambiamenti climatici.

Fuori continua a piovere, Bruxelles non è proprio la città dei sogni ma almeno non mi distoglie dal mio lavoro. Ho bisogno di un po’ di positività, quindi decido di dedicarmi al nostro portafoglio ITRE (Industria, Ricerca ed Energia), per prendere qualche spunto interessante per la nostra terra. Un susseguirsi di tweets e links attira la mia attenzione: CNN “ricercatori australiani affermano di aver sviluppato una batteria in grado di mantenere uno smartphone in carica per cinque giorni o alimentare un’automobile elettrica per 1.000 chilometri”. È il rovescio della medaglia per i nostri amici australiani, questa notizia mi riporta il sorriso. Chiudo gli occhi e penso: certo, questi australiani sono avanti.

Il team della Monash University di Melbourne afferma che la batteria al litio-zolfo che ha creato è la “più efficiente al mondo” e può superare le batterie tradizionali di quattro volte. Il team in Australia, la cui ricerca è stata pubblicata sulla rivista Science Advances, ha riconfigurato il design dei catodi di zolfo in modo che siano in grado di sopportare carichi di stress più elevati senza vedere un calo delle prestazioni complessive.

Il loro lavoro “rivoluzionerà il mercato automobilistico australiano e fornirà a tutti gli australiani un mercato dell’energia più pulito e affidabile”, ha dichiarato la ricercatrice capo Mainak Majumder in un comunicato stampa.

La prima riflessione che faccio è che un rapido aumento dei veicoli elettrici potrebbe comportare una montagna di rifiuti di batteria, ma vengo smentito subito dopo leggendo che questo approccio non solo favorisce metriche ad alte prestazioni e lunga durata, ma è anche semplice ed estremamente economico da produrre utilizzando processi a base acquosa, e può portare a riduzioni significative dei rifiuti pericolosi per l’ambiente.

La seconda riflessione riguarda le tristi notizie che avevo letto poc’anzi sull’Australia in cui il Primo Ministro Scott Morrison era accusato di essere un “negazionista” dei cambiamenti climatici. Della serie, il più grande nemico dell’innovazione in certi casi sono proprio i governanti.

Continuo la mia disamina ed ecco che ci risiamo, un altro titolone richiama la mia attenzione: “Norvegia da record: riciclato il 97% delle bottiglie di plastica.

L’azienda norvegese Infinitum ha messo a punto uno dei sistemi più efficienti ed ecologici per riciclare le bottiglie di plastica che produce. Stiamo parlando di un tasso di riciclo del 97%. Per dare un’idea, l’Italia raggiunge il 55%. In sostanza, il sistema si basa su uno schema che è assimilabile a quello del carrello della spesa. Quando vai al supermercato, per usarlo devi inserire una moneta che poi ti viene restituita quando hai terminato la spesa. In Norvegia accade qualcosa di analogo, ma con le bottiglie di plastica. Quando ne acquisti una, paghi un piccolo sovrapprezzo, pari a una somma che oscilla tra i 12 e i 27 centesimi di euro. Una volta utilizzata, la bottiglia può essere restituita nel negozio in cui è stata acquistata oppure buttata in apposite macchinette (sul territorio norvegese ce ne sono più di 3.700). Attraverso la lettura di un codice a barre, la cifra pagata in più per la bottiglia di plastica viene restituita, in denaro o sotto forma di buoni sconto. In più, i titolari dei negozi ricevono anche una piccola percentuale per ogni bottiglia avviata a riciclo.

Anche in questo caso la prima riflessione che faccio è quanto i paesi scandinavi siano un esempio da seguire.

Sono passati solo 10 minuti che m’imbatto in un’altra sconvolgente scoperta: “Fuel Cell, il futuro sulle strade d’Italia è a idrogeno”. Energia prodotta dalla combinazione dell’idrogeno con l’ossigeno prelevato attorno a noi, questo è il principio alla base della propulsione fuel cell, o a celle combustibile.

E NO, questa volta non mi posso sbagliare: ho visto la parola Italia, siamo noi al centro dell’innovazione, finalmente non devo più guardare al vicino norvegese o all’amico australiano come esempi, mi dico tra me e me; accedo immediatamente al link e ritorno in un nanosecondo alla realtà: “Nel nostro Paese è attualmente in servizio una sola stazione per il rifornimento di idrogeno, a Bolzano”.

Ebbene si, il mondo cambia velocemente; le nuove tecnologie nel bene o nel male stanno cambiando l’equilibrio mondiale e di conseguenza determinati equilibri economici. L’innovazione e la ricerca sono lo strumento attraverso cui emanciparsi. Vedere il nostro sud svuotarsi anno dopo anno con vagonate di giovani è una triste immagine a cui ormai ci siamo abituati.

C’è un mondo pieno di opportunità che meriterebbe un’ampia riflessione a livello regionale. Ma come colmare questo gap? Come fermare questo esodo che con il tempo svuoterà il sud?

Manca la cultura dell’innovazione come direbbe il mio collega Alessandro, cioè quella cultura del guardare al nuovo, a quello che ci circonda e farlo nostro se non migliorarlo. Perciò abbiamo bisogno di un’azione costante sul territorio per quella fascia di giovani tra i 16 e i 18 anni mettendoli a stretto contatto con quelle realtà cittadine o regionali(poche) che hanno avuto successo, implementando una nuova strategia a livello Universitario per nuovi percorsi formativi /accademici che non siano ancorati agli anni 80.

Dovessimo lanciare uno slogan ad effetto mi verrebbe da proporre “Costruiamo i nostri talenti a casa nostra”. Non siamo solo mare, sole e cibo.

Valiamo molto di più.

 

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