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Negoziato aperto a Bruxelles. Il punto su MES e Recovery Fund

Ritorno sulle conclusioni del Consiglio di giovedì per fare con voi un ulteriore approfondimento rispetto al post scritto quella sera. Resto dell’idea che al momento si tratti solo di una partita aperta, in cui nessun tono eccessivamente distruttivo o trionfale corrisponde a realtà.

Vi ho già detto che una delle questioni fondamentali è il fattore tempo, perchè se non si immettono le risorse necessarie quanto prima possibile nell’economia reale si rischia il tracollo, e “per quanto prima possibile” intendo sicuramente entro e non oltre l’estate.

Partiamo quindi dalla new entry, la grande novità. Tramontata qualsiasi ipotesi di Eurobonds o altro strumento di mutualizzazione del debito, il “deus ex machina” (per citare volutamente la tragedia greca), dovrebbe essere rappresentato da codesto “Recovery Fund”, di cui a parte le indiscrezioni che trapelano dalla Commissione Europea si sa poco o nulla.
Per ora parliamo di un accordo di massima per uno strumento con cui si dovrebbero usare le maggiori risorse previste per il MFF (Bilancio pluriennale dell’UE, 2021/2027), come garanzia per l’emissioni di titoli che dovrebbero “generare” fino a 1500 miliardi (cirfra confermata dal conte Gentiloni oggi). Nelle bozze che girano da queste parti si legge però, spesso, il termine “trigger” (grilletto), per far riferimento ad un probabile “effetto leva” per generare i soldi, non denari freschi quindi.
Le voci di corridoio qui a Bruxelles parlano di un piano su cui la Commissione Europea stava lavorando in realtà già da settimane e che dovrebbe portare all’emissione di circa 320 miliardi di euro di obbligazioni, con un nuovo strumento finanziario chiamato “Recovery Instrument”. Poi dovrebbe esserci il vero e proprio Recovery Fund (da capire con che portata, si parla di 300 miliardi), un Recovery and Resilience Facility (forse 200 miliardi) e una conversione o potenziamento degli strumenti e dei fondi già attivi a livello europeo.
La proposta della Commissione Europea, a cui è passata la palla in mano, dovrebbe arrivare per il 6 maggio, quindi tra una decina di giorni.

La prima cosa da capire, che naturalmente sfugge a chi non è abituato a seguire le vicende europee, è il fatto che su una maggiore contribuzione sul Bilancio pluriennale si discuteva qui a Bruxelles già da parecchio tempo prima che scoppiasse la pandemia, per via della Brexit e la mancanza quindi di un grosso contributore netto, e vi assicuro che non c’era verso di riuscire a farlo aumentare di qualche miliardo.
Adesso si discute di uno scatto di contribuzione fino al 2% del PIL, che tradotto in italiano (secondo quello attuale e non quello rivisto al ribasso), significa circa 36 miliardi di maggiore contribuzione (la stessa cifra che dovremmo prendere a prestito dal fondo salva stati, in cui ci sono quasi 15 miliardi nostri). Qui arriva la prima domanda, perchè l’Italia è il terzo contributore netto dell’Unione Europea (dopo Germania e Francia), ossia uno di quegli Stati che versa di più di quanto riceve. Per capirci, nella bilancia tra dare e avere tra il 2010 e il 2016 l’Italia ha dato circa 38 miliardi all’UE, la Francia 57, il Regno Unito 67 e la Germania 105 . Mentre la Spagna ha avuto 15 miliardi, il Portogallo 20 e la Grecia 32. Questo dato serve a capire che quando si parla di bilancio, il nostro Paese non è un accattone contro cui puntare il dito, ma contribuisce all’Unione molto di più di Stati come Olanda e Lussemburgo che operano una scorretta concorrenza fiscale che gli determina numerosi vantaggi a discapito nostro. Ci chiediamo quindi se un aumento di contribuzione siginifichi anche un proporzionale aumento di contribuzione netta. Cosa da non dare affatto per esclusa.

Poi c’è il tema “tipologia”, stiamo parlando di prestiti (come lasciano intendere i Paesi del nord) o di versamenti a fondo perduto (come chiedono quelli del sud)? Alcuni sostengono che questo dibattito è poco interessante perchè comunque i prestiti avranno un tasso bassissimo o nullo. Però i prestiti vengono conteggiati nel debito pubblico dello Stato che li richiede, rendendo il nostro sempre “meno sostenibile” e fuori dai parametri di una Unione che ricordiamolo, ragiona sempre e solo in termini di condizionalità ed aggiustamenti esterni. Il blocco rigorista ha già fatto sapere che sono disponibili a maggiore contribuzione (buona notizia), ma che la logica per loro accettabile è solo quella dei prestiti, con una durata e un ambito di applicazione limitati. Qui entra subito in campo il rischio condizionalità di cui tanto abbiamo discusso. Rischio confermato dal fatto che tutti gli Stati (Italia e Spagna comprese) hanno concordato di muoversi nella cornice dei trattati vigenti, senza alcuna previsione di riforme epocali di questi (che in un contesto storico come questo ritengo siano necessarie). In tal direzione molti affermano che la base giuridica di riferimento per il Recovery Fund, dovrebbe essere rappresentata dell’articolo 122 comma 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), che sancisce che “il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere a determinate condizioni un’assistenza finanziaria dell’Unione, a uno Stato che si trovi in difficoltà finanziaria”. Avrete capito da soli che se la base giuridica è questa stiamo discutendo della stessa logica che abbiamo sempre criticato.

Altro tema è capire chi sarà responsabile del nuovo debito, se questo verrà emesso a lunga scadenza e con garanzia il MFF. Qui si dovrà capire se tutti gli Stati membri saranno responsabili in modo uguale del debito comune, oppure se ogni Paese sarà responsabile della sua quota, non è un nodo da poco. Qui nascono altre domande, perchè in caso bisogna capire chi definisce le quote, chi vigilerà sulla destinazione e sulla attuazione del programma e via dicendo.

Infine, il fattore tempo, ammesso e non concesso che dalla proposta della Commissione Europea si raggiunga velocemente un accordo in cui vengono definiti tutti i dettagli, è inverosimile pensare che tale strumento sia in grado di elargire risorse prima di fine anno o dell’inizio dell’anno prossimo. Bene ha fatto Conte ad insistere affinchè fosse aggiunta l’urgenza nelle conclusioni, ma se in questi anni ho avuto modo di conoscere i tempi dell’euroburocrazia, ritengo altamente improbabile che questa risponda nei tempi richiesti. Io spero che Gentiloni abbia ragione e che per l’estate sia tutto accessibile, ma resto realista. Se lo dice il Commissario agli Affari economici può darsi che stiano ragionando sull’anticipo di una parte. Così come una soluzione intermedia potrebbe essere rappresentata dal dividere il fondo in parti a prestito e parti a fondo perduto. Tutti contenti e tutti vittoriosi.

Così passiamo a quel che al momento è pronto e accessibile, ossia il SURE (garanzie, non fondi, per 100 miliardi in tutta l’UE per far fronte alla Cassa Integrazione, temporaneo e volantario, che entra in funzione solo quando tutti gli Stati versano la loro parte. Davvero poca roba), la BEI (un fondo di garanzia da 25 miliardi che dovrebbe consentire alla banca di erogare prestiti supplementari fino a 200 miliardi per sostenere le piccole e medie imprese. Anche qui poca roba basata sul già esistente) e infine l’unico strumento rimasto realmente protagonista, ossia il famigerato MES, la cui storia si arricchisce di colpi di scena giorno dopo giorno.

Esiste un fronte sempre più ampio che, con strumenti di comunicazione molto potenti e persuasivi, racconta all’opinione pubblica che il MES inserito nel pacchetto di misure, è uno strumento nuovo e privo di qualsiasi condizionalità macroeconomica. Ecco, deve essere chiaro a tutti che questa cosa che dicono è una cazzata totale. Le condizionalità sono previste dal trattato intergovernativo del MES stesso e anche dal TFUE (che il trattato del MES ha modificato nel 2012, aggiungendo un comma all’articolo 136). Adesso, chi come me ha studiato giurisprudenza sa benissimo che esiste una gerarchia delle fonti, e che quindi mai un accordo, o altro atto senza pari “forza giuridica” di un trattato intergovernativo, potrà prevalere sul trattato stesso. Questo significa che l’unico modo per essere sicuri che non esistano più condizionalità per l’accesso ai fondi del MES, è modificarlo attraverso una revisione del trattato che lo regola, quindi ripetendo tutto il lungo iter per la sua creazione e passando per i parlamenti di tutti gli Stati membri per la ratifica del nuovo trattato (che a quel punto non sarebbe più il MES di oggi, che sarebbe stato smantellato come da noi auspicato in programma elettorale). Quando invece vi dicono che le condizionalità saranno limitate alle “spese sanitarie” (da capire poi che cosa si intende), ricordate sempre che questa correlazione è stata prevista solo fino alla fine dell’emergenza coronavirus. Tutto lascia intendere, leggendo l’unico documento a sostegno di questo accordo, ossia la dichiarazione dell’eurogruppo del 9 aprile (“successivamente gli Stati membri rimarranno impegnati a rafforzare i fondamenti economici e finanziari, coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell’Ue”), che in fase di restituzione le condizionalità economiche previste dal MES sono ben presenti e che l’arrivo della Troika come ad Atene, non te lo impedisce nessuno.

Ultima cosa, di cui si parla poco. La regia delle grandi operazioni (o soluzioni) resta sempre in mano alla BCE, ed è bene sapere che per poter accedere alle operazioni Omt (Outright Monetary Transiction, Operazioni Definitive Monetarie), ossia l’acquisto diretto (illimitato e condizionato) da parte della BCE di titoli di stato a breve termine, emessi da paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata, è legata (identificata) al fatto che il Paese abbia avviato un programma di aiuto finanziario o un programma precauzionale con il Meccanismo Europeo di Stabilità. Semplificando al massimo il concetto tutto questo significa una cosa sola: “Niente OMT senza MES”.

Per concludere, avrete capito benissimo che ci sono mille pericoli su cui stare attenti e in questo momento tutto si può fare, tranne cantar vittoria. Le rigorose condizionalità, il rischio commissariamento con l’arrivo della Troika (con tutti i rischi connessi sia per il risparmio privato che per quel poco che resta di Stato Sociale e aziende strategiche del nostro Paese), è sempre dietro l’angolo e può manifestarsi in tantissimi modi diversi. Non solo con il MES.

Ricordo perfettamente quando andavamo in piazza a spiegare i trucchetti e i sotterfugi della politica a questo livello, ti cambiano i nomi, ti spacchettano le cose per confondere, ti mettono una cosa buona in mezzo a 10 negative e i media danno in pasto ai cittadini solo quella buona per fare accettare le altre. Questo momento, queste decisioni, avranno ripercussioni importanti sulle future generazioni, quindi bisogna stare molto attenti affinchè non ci sia “il cavallo di Troika” nascosto da qualche parte, anche in quello che sembra un provvedimento meraviglioso.
Dal canto mio posso dirvi che continueremo a studiare con attenzione ogni singolo atto e documento e vi informerò regolarmente sullo stato dell’arte qui da Bruxelles, limitando al massimo le mie opinioni personali. Ricordate sempre che un cittadino informato, un cittadino consapevole, è un cittadino libero.

Per Aspera ad astra

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