Torneremo a far riparare il televisore

La lotta contro l’obsolescenza programmata rigenera le nostre tasche e l’ambiente. 

 

Capita sempre più spesso di buttare un oggetto piuttosto che farlo riparare. Avviene principalmente con gli strumenti elettronici i quali non appena terminato il periodo di garanzia, “magicamente” si avviano verso un inesorabile destino di mal funzionamento fino ad un guasto definitivo. Ogni ricorso alle riparazioni risulterà sempre più sconveniente a causa di prezzi troppo onerosi o da enormi difficoltà nel reperire i pezzi di ricambio.

Stiamo parlando dell’obsolescenza programmata.

Se da una parte questa pratica garantisce al settore industriale una produzione costante, dall’altra a risentirne sono le tasche dei cittadini e l’ambiente. Gli ultimi dati del Global E Waste Monitor indicano che il ricorso all’acquisto piuttosto che alla riparazione di oggetti mal funzionanti, ha generato nel 2019 oltre 53 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici – che corrispondono a più di sette chilogrammi pro capite – i quali vengono per la maggior riciclati in modo non adeguato. I danni per l’ambiente si moltiplicano se pensiamo alle attività sempre più intensive per il reperimento delle materie prime utili alle industrie tecnologiche che determinano un consumo del suolo irreversibile che inevitabilmente impatta anche in fenomeni atmosferici sempre più violenti.

L’obsolescenza programmata ha determinato la chiusura di molte attività artigianali, quelle che eravamo abituati a frequentare quando eravamo bambini. Quanti di noi hanno accompagnato i nostri genitori ad aggiustare un televisore, rimanendo incantati dai piccoli laboratori pieni di attrezzi da lavoro ed oggetti elettronici di ogni genere che oggi sarebbero degni del miglior museo della tecnologia. Ai miei occhi quegli artigiani erano dei veri e propri maghi, capaci di riadattare transistor e schede elettroniche che magicamente risolvevano ogni problema tecnico, riuscendo – a volte – a far funzionare un elettrodomestico meglio di prima. La straordinaria foto in bianco e nero – trovata nel web – fa riferimento proprio a quel mondo di ingegneri e creativi che producevano i beni progettandoli per durare nel tempo agevolando il lavoro agli addetti alla manutenzione. Le logiche del consumismo hanno eliminato quasi del tutto queste logiche, limitando la libertà di scelta e la nostra autonomia negoziale in virtù della logica: butta, ricompra e basta!

Eppur qualche cosa si muove.

Il 25 novembre 2020 il Parlamento Europeo ha adottato una risoluzione[1] che afferma i diritti del consumatore ed aziona un freno contro l’obsolescenza programmata invitando la Commissione a “mettere a punto, in consultazione con le parti interessate, una strategia di ampia portata che preveda misure che differenzino le categorie di prodotti e tengano conto delle evoluzioni tecnologiche e del mercato, al fine di sostenere le imprese e i consumatori e promuovere modelli di produzione e di consumo sostenibili”. Si evidenzia dunque una vera e propria cultura del riutilizzo e della riparazione che sicuramente, se attuata, avrà un impatto anche nella piccola e media impresa artigianale.

Oggi più che mai la nostra attenzione deve rimanere focalizzata sul quel rispetto dell’ambiente che non blocchi le produzioni ma anzi, che le renda sostenibili sia per l’ambiente che per le finanze delle famiglie europee – soprattutto italiane – già fortemente provate dall’attuale crisi pandemica che ha acutizzato le problematiche già esistenti nel nostro Paese.

Lo sviluppo sostenibile deve essere la leva su cui impostare la rinascita economica della nostra nazione che poggia le proprie basi sia in settori delle industrie tecnologiche – che dobbiamo salvaguardare in quanto eccellenze – sia sulla ricchezza della creatività artigianale che in questa prospettiva potrà trovare ampi spazi di crescita.

[1] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2020-0318_IT.pdf

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